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entre ai piani alti
delle Istituzioni è
un gran discutere
di legge elettora-
le, abolizione del
Senato e riforma del lavoro
(jobs act), nel Paese regna
ancora la devastazione. Le
aziendecontinuanoachiude-
re ibattentiprimadel tempo,
quelle che non chiudono si
rifugiano all’estero. Chi non
può optare né per la prima
scelta, néper la seconda, op-
ta per una terza, la peggiore,
quella senza ritorno: il suici-
dio.Speravochel’episodioche
mihariguardatopiùdavicino,
un artigiano, mio amico, fos-
se l’ultimo. Invece così non è
stato.Tuttiricorderannoilpiz-
zaiolodiCasalnuovodiNapoli
che si èdato fuoco, perché la
mogliecheloaiutavanellocale
era senza contratto. E avreb-
be trovatomaggiorepacenel
fuoco, per fortuna salvato in
tempo, anche un ristoratore
di Monza, disperato ed esa-
sperato dalla costruzione di
barriere anti-rumore davanti
al suo locale che avrebbero –
secondoilsuotimore–potuto
farcalare il flussodi clientela.
Forse è ancora prestoper ca-
pire se l’Italia stia veramente
cambiando verso oppure se
si tratti solodi chimere irrag-
giungibili. Sta di fatto che la
vitadegliimprenditoririmane
ancoraschiacciatadalpesodi
uno Stato che non paga, ma
allo stesso tempo chiede. E
quel che chiede è indirizzato
più alle liti intestine che alle
politiche di redistribuzione
dellaricchezzaediripresaeco-
nomica.Siamo felicidi sapere
chefraleprioritàall’ordinedel
giorno del nuovoGoverno ci
sia anche il pagamento della
pubblicaamministrazionever-
soleimpresecreditrici.Èstato
proprio questo il motivo che
haspinto ilmioamicoartigia-
noa farla finita. Il suoguada-
gnosullacartanoncorrispon-
devapiùaquellonel cassetto
proprioper l’insolvenzadella
pubblicaamministrazione.Ma
come può uno Stato come
quello italiano la cui Costitu-
zione si apre con un articolo
sul lavoro negare i frutti del
lavoro ai suoi cittadini? Se è
veroche il lavoroconun’equa
redistribuzione della ricchez-
za favorisce la democrazia, è
pur vero che bisogna creare
le condizioni cheportinoalla
creazionedellaricchezza.Co-
me imprenditori possiamo e
dobbiamo impegnarci perdi-
fenderelanostraproduzionee
lenostreimprese.Cisforziamo
al massimo per arrestare l’e-
morragia dei posti di lavoro
e mantenere in piedi l’Italia.
Nonchiediamofondiocontri-
butipubblici.Chiediamoperò
dinonsubireilsalassofattoda
tassesemprepiùalteeproce-
dureburocratichesemprepiù
bizzarreecomplesse.Dareos-
sigenoalmondodell’impresa
equivarrebbe a ridare imme-
diatamente un po’ di slancio
a tutto il sistema paese.
Sono ancora in tanti gli im-
prenditori, che credono nel
futuro e che aspettano la ri-
presa;hannoinvestitoditasca
propria,magariarrivandoan-
chea ipotecarecasaebeni di
famiglia. Noi non possiamo
tradire questo popolo e lo
Stato non può strangolarlo.
Rimetterealcentro l’impresa
come valore sociale ed eco-
nomico è l’unica strada per
far ripartire l’Italia.
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Mixer
APRILE 2014
DAREOSSIGENOALNOSTROMONDOEQUIVARREBBEARIDARE
IMMEDIATAMENTEUNPO’DI SLANCIOATUTTO ILSISTEMAPAESE
ALDOCURSANO
VICARIONAZIONALEFIPECONFCOMMERCIO
L’impresaal centro, come
valore socialeedeconomico
PUBBLICOESERCIZIO
Commenti
Comepuò loStato
italianonegare i
frutti del lavoroai
suoi cittadini?