Mixer_267.pdf - page 108

L’autore è Consigliere
dell’Istituto Internazionale
Assaggiatori Caffè e
Amministratore del Centro
Studi Assaggiatori
P
oniamo che un’azienda faccia circa
26miliardi di fatturato l’annoma una
sua concorrente ne faccia oltre 60
vendendocopie scadenti dei prodotti
della prima. E se vi dicessi che la
prima azienda non riesce a trovare un modo
efficace per disfarsi della seconda? Ne sareste
probabilmente sconcertati pensandoaquanti
soldini lascia inmano a quel concorrente così
perfido. Bene, la prima azienda si chiama ex-
port italiano dell’agroalimentare e la seconda
Italian Sounding: in poche parole l’industria
del falso ha un fatturato doppio rispetto alle
esportazionidellanostraindustriaalimentare.
Il fenomeno dei falsi cibi e
vini italiani è diffuso in una
sterminata serie di nazioni. è
sicuramente più globale della
nostraindustriaalimentare.Fal-
si che si trovano sugli scaffali
della grande distribuzione in
decine di paesi, con nomi di
fantasiachericordanol’origina-
le. è purtroppo davvero facile
incappare nel Parmesan (e nei
suoi fratelli e cugini).
Il fenomeno riguarda anche il caffè: alcuni
gigantidell’industriainternazionaleutilizzano
unrichiamoforteall’Italia, arrivandoausare il
nome di nostre città su prodotti di bassissimo
valore sensoriale. Così troviamo in etichetta
ampi riferimenti a Venezia, Milano, Firenze,
Roma ma dentro le lattine o le confezioni
prodotti che possono essere considerati un
puro insulto alla nostra cultura alimentare.
L’Italian Sounding è quindi la bestia nera
dell’export italiano, una malattia per la quale
nonsi èancora trovatounvaccinoefficace.Ma
c’è un altro virus che mi pare stia circolando
nel coffeebusiness italiano, checredopotreb-
be essere definito efficacemente come Italian
Claiming: caffèrealmenteprodotti inItaliama
di qualità bassissima. Le carte dicono senza
tema di smentita che sono realmente made
in Italy, ma l’apertura di certi sacchetti spediti
all’estero lascia imbarazzati: odori vegetali,
muffosi, terrosi, fermentati aggrediscono il
naso e picchi inusuali di amarezza e di astrin-
genza devastano la bocca. L’italian Claiming
è quindi un’altra forma di tradimento della
tradizione italiana: èunapromessa sensoriale
non mantenuta, uno schiaffo all’amore per
l’Italia nel mondo. E fa male perché è perpe-
trato da italiani.
una possibile soluzione
Dicevo che una cura efficace per l’Italian
Sounding ancora non si è trovata e pure per
l’Italian Claiming non è facile individuarla,
tanto più che il nemico è in casa e quindi
opera da franco tiratore verso ogni possibile
risoluzione del problema. C’è però una via
che si può percorrere e che permetterà a tutti
gli italiani che lavorano bene di andare in
giro a testa alta: insegnare ad assaggiare agli
operatori stranieri. Insegnare loro il profilo
sensoriale di un buon espresso italiano. Un
buyer che impara a distinguere un caffè di
qualità da uno cattivo, e ne capisce le ragioni
ancheproduttive, potrà finalmentemettere in
crisi il torrefattore che gli propone un espres-
so Italian Claiming, andando a contrattare
ferocemente il prezzo di acquisto perché sa
cosa c’è realmente in quel sacchetto. Quel
buyer ci aiuterà a togliere marginalità ad
aziende che campano su promesse senso-
riali non mantenute: e chissà che prima o
poi qualche esportatore di spazzatura non
decida di cambiare strada.
M
Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo
scrivendo a:
106
mixer
giugno 2014
Global Coffee
gestioni e impresa
Le “bestie nere”
dell’export italiano
CARLO ODELLO
così in giappone
starbucks propone
l’“espresso milano”
da una parte i
richiami all’italia di
prodotti che poco
o nulla hanno a
che vedere con
noi, dall’altra i
prodotti italiani di
qualità bassissima
di carlo odello
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