torio nazionale, l’interesse nei
confronti di percorsi formativi
focalizzati suquesti temi èalto.
Sono quindi piuttosto ottimi-
sta: se oggi forniamo un’ade-
guata preparazione alle nuove
leve, domani potremo contare
su baristi competenti e capaci
di maneggiare correttamente
macchine che, pur non essen-
do pericolose, lavorano pur
sempre a temperature molto
alte, superiori ai 90 gradi, e
con una pressione pari a ben
9 atmosfere».
Formazione non
sufficiente
Quello della carenza formati-
va costituisce, quindi, un no-
do critico rilevante. «In effetti,
il problema esiste - conferma
Zecchini -. L’eccessiva facilità
con cui in passato si sono po-
tuti aprire bar non ha aiutato a
creare le condizioni perché la
preparazionedelpersonalerag-
giungesse sempre buoni livelli.
Elamancanzadiprofessionalità
si riflette inesorabilmente sul
modo di proporre l’espresso.
Occorre quindi potenziare le
attività e le occasioni che con-
sentanodi diffondere lacultura
del caffè, sensibilizzandosiagli
esercenti sia i consumatori. Oc-
corre, in altre parole, seguire
un percorso simile a quello già
sperimentato per il vino. E per
farequestocredoche,pursenza
crearetroppilaccielacciuoli,sa-
rebbe auspicabile subordinare
lapossibilitàdigestireunlocale
alla frequentazione obbligato-
ria di una scuola alberghiera
o di corsi certificati, oppure
all’attestazione di un periodo
di apprendistato svolto presso
esercizi qualificati». Anche le
aziende produttrici possono
però fare la propria parte. «Nel
caso di Filicori Zecchini, per
esempio - aggiunge Zecchini -
abbiamo dato vita a una scuo-
la, il Laboratorio dell’Espresso,
che propone corsi di diverso
livello. Si tratta di un’iniziativa
economicamente onerosa, ma
reputiamochequestoimpegno
sia indispensabile».
Giudizi troppo severi?
I problemi, insomma, ci sono,
è inutile negarlo. L’impressione
però è che Report abbia pun-
tato l’indice, sottolineando con
particolareenfasi gli aspetti ne-
gativi riscontrati nel modo di
servire il caffè nei bar italiani.
E ad avvalorale la tesi vi è il
fatto che nessun locale visita-
to nell’ambito dell’inchiesta ha
raggiunto la sufficienza nella
valutazione degli esperti. Vie-
ne allora spontaneo chiedersi:
le maglie di giudizio utilizzate
da quest’ultimi sono forse state
stroppo strette? «La redazione
giornalistica di Report - rispon-
deAndrej Godina, unodei pro-
fessionistichiamatiincausadu-
rante la puntata - mi ha invitato
avisitarealcunecaffetterienelle
cittàdiNapolieFirenze,sceltea
casonell’ipoteticopercorsoche
un turista potrebbe percorrere
a piedi nel centro della città.
E il programma ha evidenzia-
to, forse anche per motivi di
durata dell’inchiesta, alcune
valutazioni omettendo quelle,
a dire il vero inminoranza, che
avevano un esito positivo. Da
quanto ho potuto vedere du-
rante la trasmissione, credoche
l’intento fosse quello di eviden-
ziarelecriticitàdelsistemacaffè
espresso in Italia, che spesso
offre alla clientela un caffè di
bassa qualità. Fortunatamente
però sono presenti nel nostro
Paeseancheeccellenzeingrado
di offrire una tazzina di caffè
e che, secondo il mio giudizio,
ottengono valutazioni più che
sufficienti». Si tratta, insomma,
disceglierebeneilbardove gu-
stare il nostro espresso.
M
16
mixer
giugno 2014
Processo al caffè
IN PROFONDITà
Andrej Godina
Gianfranco Carubelli