limitare soltanto al Bar-
baresco o al Chianti, visto
che l’Italia è il paese degli
autoctoni; per altro dal nu-
mero praticamente infinito.
In seconda battuta bisogna
dire che il mercato italiano,
come da tempo sostengo, è
quello che possiede la quota
numericamente più ampia
di etichette dall’eccellente
rapporto qualità prezzo;
compresi i top di gamma.
Un esempio? Un grande bol-
gherese o un cru di Barolo
risultanomoltomeno costo-
si degli omologhi top wine
di Bordeaux o Borgogna.
Ma non solo. Rimanendo
sempre tra le etichette di
pregio, anche i brand del
nuovo mondo hanno oggi
prezzi non propriamente
alla portata di tutti, porta-
fogli nostrani compresi. Se
tuttavia il Vinitaly avrà un
taglio –giustamente- più da
addetti ai lavori, pare più
nebulosa, ma anche il tar-
get a cui si dovrà rivolgere
sarà piuttosto variegato, la
comunicazione dell’Expo
in merito all’argomento
vino. La grande annata di
cui parlavo all’inizio acqui-
sta una taglia più ‘robusta’
proprio in occasione dell’e-
sposizione universale. Si sa
dei ritardi e degli scandali.
Trovo tuttavia che venga
non adeguatamente valo-
rizzato il messaggio di cui,
credo, l’Expo dovrà essere
in qualche modo portatore:
la grande attitudine italiana
all’ospitalità. Una capacità
non così facile da codifica-
re in messaggio, visivo, de-
gustativo o semplicemente
espositivo. In una manife-
stazione che ha previsione
oceaniche di afflusso è nor-
male che ci debba essere
un minimo di programma-
zione, anche se non credo
che tutto vada predisposto
al millimetro visto che l’ac-
coglienza è, in primo luo-
go, adattamento. Per questo
non mi spaventano i ritar-
di nell’allestimento oppure
i temi affrontati nel padi-
glione ‘
Vino, taste of Italy
’
in cui la notizia che più ha
fatto scalporepare sia quella
relativa al dialogo con i più
piccoli. Nessuno immagino
voglia cercare, con il prete-
sto dell’Expo, clienti tra gli
under 18. Voglio quindi spe-
rare che si tratti piuttosto di
un racconto che parta dalla
poesia di un assaggio fatto
sulle gambe del nonno che,
alla fine di unpastodomeni-
cale, intingeva il dito in un
bicchiere di vino per con-
dividere un sapore per noi
ancora ignoto. Forse lamia è
una visione troppo poetica,
ma credo che la cultura del
vino in Italia vada trasmessa
anche grazie a queste inter-
pretazioni. Poi ben vengano
gli affreschi sui soffitti del
padiglione riguardanti i 540
vitigni autoctoni, le 1400 eti-
chette presenti, i video e le
installazioni relative all’ec-
cellenza italiana. Attenzione
a ulteriori inciampi, soprat-
tutto a quelli che potreb-
bero dare un’immagine del
vino italiano come di una
realtà poco coesa. Osservo
infatti come il Veneto –co-
raggioso- abbia acquistato
l’area più vasta del padi-
glione vino, anche se poi
la Toscana abbia delegato
alle singole aziende o ai
consorzi le acquisizioni di
spazi. I grandi produttori
avranno la forza di mo-
strarsi al mondo, anche se
tuttavia rischierà di andar
perdut a quel la
dimensione ar-
tigianale e poe-
tica che il vino
italiano possie-
de ancora e che,
sarebbe il caso,
di (Expo)rre al
mondo.
M
Expo è alle porte
e sarà un grande
evento, ma
attenzione a non
dare un’immagine
del vino italiano
come di una realtà
poco coesa