DICEMBRE/GENNAIO 2017 /
Mixer
45
DA CENTRO DI COSTO
A CENTRO DI RICAVO
Fino a poco tempo fa il ristorante per la maggior parte
degli alberghi era un centro di costo, indispensabile
per offrire un servizio a 4 o 5 stelle alla clientela che
trovava la cucina aperta anche oltre gli orari canonici.
Aveva certe caratteristiche di disponibilità, ma veniva
utilizzato dai clienti dell’albergo come ultima risorsa,
d’emergenza. “Quando poi gli alberghi hanno inizia-
to ad entrare in un’ottica di revenue management le
cose sono cambiate, si è deciso di investire sul food
& beverage che da costo doveva diventare fonte di
reddito, oaddirittura levaper attirareclientelaesterna.
Questo vale per il ristorante, ma anche per il bar, che
apre all’esterno con gli happy hour, e per la banchet-
tistica” spiega
Magda Antonioli
, professore associato
di Economia e Coordinatrice del Master in Economia
del Turismo presso l’Università Bocconi.
Si è anche lavorato sul menù engineering proponendo
formule “light”, come la colazione di lavoro a prezzo
fisso, l’happy hour o il brunch domenicale. Sempre con
lo stesso obiettivo: fare concorrenza a forme di ristora-
zione “esterna” all’albergo e attirare clienti da fuori. Lo
chef può essere l’elemento che unisce e corona tutto
ciò in un’ottica di richiamo e visibilità. Non solo per il
ristorante, ma anche per altri servizi dell’hotel che si
aprono all’esterno, come le spa e i centri benessere.
“L’altra strada che si sta prendendo è quella di assu-
DAL RITZ AL CASINÒ, STORIA DELLO CHEF IMPRENDITORE
Chef e imprenditori alberghieri, una storia che si rinnova. I primi
furono César Ritz e Auguste Escoffier, che a fine Ottocento
aprirono insieme il Savoy di Londra e il Ritz di Parigi, tra gli altri.
Una partnership di successo che non è mai stata realmente
replicata. Il secolo successivo è piuttosto fatto di toccate e
fughe non sempre esaltanti, con chef-globetrotter che passano
da una struttura all’altra. Figura relativamente nuova è quella
dello chef imprenditore. Come Joël Robuchon, che semina tre
stelle in casinò e hotel con i suoi Atelier de Joël Robuchon,
prossime aperture a Montréal, New York, Miami e Ginevra.
O Alain Ducasse, partner della catena Châteaux & Hôtels
Collection e di ristoranti in musei e hotel di mezzo mondo (W a
Sanpietroburgo, St Regis a New York, Dorchester a Londra per
citar nel mucchio).
Alcuni alberghi ospitano chef stellati per brevi periodi, come
richiamo. O si avvalgono di consulenze multiple: al Venetian
di Las Vegas i celebrity chef che hanno messo mano a uno o
più ristoranti della mega-struttura (che ne ha più di 30) sono
addirittura sei: Emeril Lagasse, Thomas Keller, Daniel Boulud,
Mario Batali, Wolfgang Puck e il pastry-chef Buddy Valastro.
RISTORANTE DI JOËL ROBUCHON A TOKYO
MAGDA ANTONIOLI, PROFESSORE
ASSOCIATO DI ECONOMIA
E COORDINATRICE DEL
MASTER IN ECONOMIA
DEL TURISMO PRESSO
L’UNIVERSITÀ BOCCONI
mere giovani talentuosi che lavorino con prodotti del
territorio, per abbassare i costi della materia prima
proponendo piatti più semplici, che saltano quella ‘li-
turgia tecnica’ tipica dell’alta cucina, estremamente
costosa” spiega l’esperta.
In un’epoca di chef prime donne, aperture seriali e
proliferazione di allievi di grandi maestri, non si rischia
l’inflazione? Antonioli ritiene che “per le caratteristi-
che del turismo italiano, siamo ancora molto lontani
da una crescita eccessiva. Ci sono ancora grandi po-
tenzialità, a patto che l’offerta sia di qualità. Il che
non sempre avviene. Insomma, non mi preoccupano
le nuove aperture di ristoranti di livello negli alberghi,
ma piuttosto le pizzerie anonime in centro a Firenze”.