SPECIALE 30ANNI
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Mixer
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egli anni ’80 era la Milano da bere a “det-
tare legge”. Un po’ in tutta Italia.
LaMilanodegli Yuppiesdel filmdi Vanzina
e della canzone di Barbarossa, la Milano
dei giovani rampanti, “esportati” concettualmente
anche grazie alle parodie televisive, come quella am-
miccante del Drive In o quella surreale dell’edonismo
reaganiano di
Roberto D’Agostino
(in
Quelli della
notte
), che andavano a satireggiare l’incosciente e
inconsapevoleeuforia,generatadalboomeconomico
di quegli anni.
E in questo clima un po’ sopra le righe, dove l’appa-
renza giocava un ruolo primario e spesso dirimente
nella rete dei rapporti sociali, «il ristorante – ricorda
Italo Piccoli, docente di sociologia dei consumi alla
Cattolica
– era considerato un vero e proprio
status
symbol
, un luogo di incontro per uomini d’affari, vip
della moda, della finanza e dello spettacolo. Andare
al ristorantenonsignificavasemplicemente“mangiare
fuori”,ma frequentare“posti in”etrascorrere laserata
con la “gente giusta” in “luoghi vetrina”.
In linea di massima i ristoranti (tenga presente – ci
tiene a precisare Piccoli – che il mio discorso si foca-
lizza volutamente sui locali di fascia alta, “discendenti
diretti” dei ristoranti di matrice francese, gestiti dai
cuochi di
Versailles
) noneranoabuonmercato (d’altro
canto in molti potevano permetterseli a quei tempi).
Puntavano su specialità italiane, sulla
nouvelle cuisi-
ne
e su una rinnovata cultura del vino (tragicamente
messa in crisi, da lì a poco, dal vergognoso scandalo
del metanolo.
NdR
)».
ANNI ’90, UNA SVOLTA
Poi «la deflagrazione – prosegue Piccoli – che porta
il nome di Tangentopoli».
Finisce la pacchia. Anche a causa dei contraccolpi
economici di cui in varia misura risente tutto il si-
stema. «Il ristorante
status symbol
diventa un lusso
e spesso, in quanto icona del decennio trascorso,
anche veicolo di un’aura “disdicevole”. Sono in
molti quelli che chiudono i battenti: altri preferi-
scono riconvertirsi in format più adeguati ai tempi».