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Mixer

/ OTTOBRE 2017

LA PROFESSIONE

I

Global Coffee

Non ne sono sorpreso, anzi: è infatti l’ultimo di

una discreta serie in cui mi sono imbattuto ultima-

mente. Non ne sono neppure rammaricato perché,

sebbene non sia nelle mie corde, questa tazza mi

dà l’agio per piazzare la domanda fatale: perché si

registra una diffusione sempre maggiore di questi

caffè in Asia?

Sono tra amici, i colleghi stanno al gioco e quin-

di fuoco alle polveri. Loro ammettono subito che

oggettivamente il caffè ha un che di frutta troppo

matura, io rincaro la dose e li taccio con malizia di

essere eccessivamente buoni nella definizione: per

me è senza ombra di dubbio frutta marcia.

I colleghi parano il colpo sfoderando un momento

di antropologia che è poi la madre di tutte bombe

in casi come questi: mi dicono che è una differenza

culturale. Insomma, mi spiegano, loro sono cinesi e

abituati a questi sentori, io in quanto europeo non

posso capire.

In palese minoranza, opto per un’onorevole ritirata

sotto quel grande parafulmine che è proprio la di-

versità culturale.

Eppure dentro di me, la sera, mentre corro il quesito

si rafforza: ma come fanno questi caffè palesemente

fermentati a trovare mercato? Si tratta di prodotti

oggettivamente fallati, spessodurante la lavorazione

del verde, per la voglia di cercare effetti speciali. Da

quando i sentori di frutta marcia, e la definizione è

generosa, possono incontrare il favore di un siste-

ma sensoriale raffinato come quello umano? E così,

mentre sotto i piedi scorre il caldo asfalto cinese,

mi rendo conto di quanto un certo marketing riesca

a imporre modelli di qualità ben lontani da quello

che ci si aspetta da un caffè. Un sado-marketing

che riesce a prevalere sulla nostra natura e la

ricerca del piacere nella vita. Ma per quanto?

COME È POSSIBILE CHE SI IMPONGANO MODELLI DI QUALITÀ MOLTO

LONTANI DALLA RAFFINATEZZA DEL SISTEMA SENSORIALE UMANO?

di Carlo Odello

L’autore è Consigliere dell’Istituto

Internazionale Assaggiatori

Caffè e Amministratore del

Centro Studi Assaggiatori

www.assaggiatoricaffe.org

CARLO ODELLO

Le conseguenze nefaste

del “sado-marketing”

Q

uest’estate, durante lamiaconsueta trasfer-

ta asiatica, ho visitato bar e locali, parlato

molto con i professionisti che ho incontrato

e discusso a lungo con i baristi. La sera

quando andavo a correre cercavo di fare ordine nei

pensieri per capire dove vanno i nuovi mercati del

caffè. I pezzi dell’esperienza spesso si incastravano

con una qualche coerenza, alcune convinzioni si ra-

dicavano più o meno profondamente, altre invece si

dissolvevano nell’aria umida, ad ogni modo il quadro

si faceva un attimino più chiaro. Eppure un punto è

rimastoaperto, forse sfuggendoallamia comprensio-

ne: una tendenza sensoriale che sta imperversando in

Asia e che, onestamente, un po’ mi inquieta.

Lasciate che vi racconti un episodio per spiegarmi

meglio. A un certo punto del mio viaggio mi trovo

a Guangzhou, sono in ufficio con i colleghi cinesi,

tre per la precisione. Uno di loro in particolare si

può definire un veterano del coffee business. Mi

offre un caffè in capsula perché vuole un mio parere

sull’estrazione: ne estrae un Etiopia. Sorseggio la

mia tazza, alzo lo sguardo e mi esprimo: la capsula

funziona bene, ma il caffè è… fermentato.