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116 Mixer / DICEMBRE/GENNAIO 2019 MIXABILITY Bartender ro è stato preparare le colazioni in un hotel. Pian piano sono passato a una posizione da bar back in un lounge bar a Soho, uno dei quartieri più in vista di Londra, per poi, dopo 4 mesi e una sufficiente conoscenza della lingua inglese, ottenere la posizione di bartender. Londra è una città incredibile, il cliente sa cosa beve ed esige la qualità; gli standard nei locali sono alti e anche nei bar più piccoli è d’ob- bligo unamiscelazione senza sbavature: si misura tutto, niente ricette realizzate aocchioper servire solo drink perfetti. Sotto questo punto di vista Londrahaesaudito tutte lemieaspettativedi una città ricca di emozioni e di alta qualità nel mondo del bartending, regalandomi anche soddisfazioni personali:misonoclassificatonellatop10UKnella competizione dedicata al N3 Gin, per dirne una. Il Savoy di Londra è uno dei locali cult se si parla di miscelazione e standard elevati… Il Savoy è un posto quasi magico dove tutto può accadere. Si trova in centro ma in una posizione non troppo caotica ed è in grado di offrire una vera esperienza a 5 stelle: il cliente deve sentirsi un re anche solo per un semplice caffè. Entrare a far parte dell’American bar è stato un percorso molto lungo, dopo il primo colloquio informale con il bar manager per un posto di barback, ho aspettato quasi duemesi perpassarealleselezioni successiveeottenere il lavoro. Per la posizione base ho affrontato 5 colloqui con le diverse figure manageriali del bar, ma appena entrato ho capito il perché: all’inizio è stata molto dura, dopo una set- timana stavo per mollare, ma grazie al supporto di Cristian, anche lui barback comeme in quel momento, ho tenuto duro e alla fine mi rendo conto che ne è valsa la pena. Soprattutto posso dire che entrare come bar backmi ha dato lapossibilitàdi impararetanto: icecarving, preparazioni con la tecnicadelsottovuotoopiùelaboratecomeicordial, realizzare decorazioni in caramello come in pasticceria e, soprattutto, gestire bene il tempo perché non ci si può permettere di essere in ritardo rischiando di far saltare il set up. Bartender e cliente, come si caratterizza questo rapporto oltremanica? In Inghilterra il bartender non si limita solo a miscelare ma deve essere un vero e proprio intrattenitore. È fondamentale saper conversaremoltoenonsoloparlaredel tempo. Il cliente è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che lo ‘sconvolga’: sapori e profumi mai sentiti e noi dobbiamo essere in grado di indirizzarli verso una nuova esperienza di gusto. Parlando di mixology, come interpreti le tue ricette, quali le materie prime che prediligi? La mia mixology è molto classica , nel senso che ho una buo- na conoscenza dei cocktail classici che mi piace “evolvere”. Amo creare twist on classic che me piace definire classic innovation , cioè partire da una ricetta semplice alla quale poi applicare nuove tecniche e nuovi sapori per avere un drink all’apparenza basic ma con flavour più elaborati. In questo periodo mi piace molto utilizzare degli acidi nelle preparazioni come ad esempio cordial: molti usano solo acido citrico ma ci sono altri tipi di acidi che potrebbero dare altre prospettive di sapore. Io ho creato ad esempio un cordial alla camomilla con acido malico, che ha un retro- gusto di mela, ma si possono ricreare anche sapori come il lime o lo champagne. Consigli per chi vuole intraprendere questo mestiere e magari trasferirsi all’estero? Consiglio ai futuri bartender di aprire la mente lasciandosi ispiraredallacucina, dallaconoscenzadi nuoveculturecosì da scoprire nuovi sapori e nuove tecniche. Scegliere di lavorare all’estero comporta tanta determinazione e una buona dose di umiltà: non si diventa fenomeni senza far nulla. Progetti e ambizioni future? Mi vedo tra qualche anno head bartender di un locale sul quale lavorare per crescere arrivando ad alti livelli, crea- re un team che condivida la passione per questo mestiere e la voglia di mettersi in gioco sempre. “...inizialmente è stata dura e il mio primo lavoro è stato preparare le colazioni in un hotel...”
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