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18 Mixer / DICEMBRE/GENNAIO 2019 PUBBLICO ESERCIZIO Lavoro circolariministeriali hanno fino in fondo chiarito, preferiscono fare contratti più brevi, fino a 12 mesi, non dovendo indicare la causale con la conseguenza però di un aumento del turn over, di una perdita di professionalità ed un incremento dei costi per la formazione. Inoltre la nuova disciplina legislativa limita, rispetto al pas- sato il ruolo della contrattazione collettiva imponendo un abito uguale a settori differenti con esigenze fortemente disomogenee. Il timore è che tuttequeste incertezze interpretativepossano generare l’aumento di contenziosi che lasciano al giudice un margine di discrezionalità nella indefinitezza di certe regole. Che la volontà del Governo sia stata quella di “penalizzare” il ricorso al contratto a termine emerge anche da un’altra diposizione contenuta nel provvedimento. Il decreto-legge prevede, in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tem- po determinato, che il contributo addizionale pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, introdotto dall’articolo 2, comma 28, della legge 28 giugno 2012, n. 92 a carico dei rapporti di lavoro subordinato non a tempo in- determinato, sia aumentato dello 0,5%. Anche se è ancora presto per tirare le somme, gli ultimi dati rilevati sull’occupazione dall’ISTAT certificano a settembre un lieve peggioramento caratterizzato da una diminuzione degli occupati (-0,1% rispetto al mese precedente pari a -34 milaunità), unaumentodellepersone incercadi occupazione (+3,2% pari a 81 mila unità) e una riduzione degli inattivi (-0,3%, pari a -43 mila unità). La diminuzione degli occupati nell’ultimo mese si concentra tra i dipendenti permanenti (-0,5%, pari a -77 mila), mentre quelli a termine proseguo- no la loro tendenza positiva (+0,8%, +27 mila). Aumentano anche gli indipendenti (+0,3%, +16 mila) che recuperano in parte il calo del mese precedente. In sintesi: sono dati che confermanouna fasedi rallentamentodell’economia italiana, che gli effetti del Decreto Dignità non si sono ancora fatti sentire, perché c’è un forte calo di tempo indeterminato e prosecuzione nel trend di crescita del lavoro a termine. Come a voler dire che non si possono costringere le aziende ad assumere applicando regole e modalità che esse non ritengono sostenibili. Mentre invece sarebbe auspicabile che il Governo interve- nisse con serie politiche attive del lavoro, come sosteniamo da tempo, e non con misure che, se non assomigliano all’as- sistenzialismo di vecchia maniera, ci si avvicinano molto. Restituire “dignità” non solo ai lavoratori dipendenti, ma anche agli imprenditori, che meritano lo stesso rispetto e considerazione, favorendoli nello svolgimento di attività spesso caratterizzate da difficoltà – economiche ed orga- nizzative – che la crisi ha aggravato. Il provvedimento sul lavoro, purtroppo, non va in questa di- rezione perché introduce elementi di contrasto alle formule contrattuali di flessibilità di cui le imprese hanno bisogno. Come Federazione cercheremo, anche se il dialogo con questo Esecutivo appare sempre “complicato”, di riportare il Governo a ragionare partendo dalle reali situazioni che caratterizzano il nostro settore, nella ricerca di so- luzioni adeguate e non penalizzanti per le imprese.
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