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2 Mixer / DICEMBRE/GENNAIO 2019 IL PUNTO del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani I l Governo ha deciso di proclamare il 2018 “ Anno nazionale del cibo italiano ” con l’obiettivo di va- lorizzarne le sue trasversali funzioni: economica, ambientale, nutrizionale, etica, sociale, culturale, reputazionale e anche culturale. Così Fipe che rappresenta le Imprese che hanno nel cibo il loro core-business, hadedicato la suaAssemblea annuale al binomio “ Cibo e Cultura ”. Con la convin- zione che, nella misura in cui si riesce ad allargare lo sguardo oltre agli aspetti economici o più tradizionali del settore, si finisce per migliorare anche la sensibilità e la considerazione verso un settore come quello dei “Pubblici Esercizi”, spesso malconsiderato, non solo per colpe proprie, ma anche per la difficoltà a com- prendere gli annessi e connessi all’attività sindacale, che sono radicati e permeati anche di valori storici, antropologici, etici, sociali, spirituali e culturali. Nelle tradizioni gastronomiche si legge il DNA di un popolo: è cultura stratificata nei secoli, che ha in- dividuato e generato ingredienti, piatti e ricette e che esprime temperamenti, inclinazioni e contaminazioni sociali. Dai nomi ai gesti, gli usi e costumi alimentari diventano ritualità, religione, persino scaramanzia. Il cibo è un atto individuale, ma anche una storia col- lettiva. Nella storia, la “ Great Famine ” irlandese (1845-1849), per esempio, che ha provocato carestie emorti a causa di una malattia della patata, ha dato avvio alla gran- de emigrazione dall’Irlanda verso il Nord America e rafforzato il nazionalismo che ha portato alla sua in- dipendenza dal Regno Unito, ridisegnando la storia e i confini dei paesi anglosassoni. Le stesse“ PrimavereArabe ”hanno trovatonellemisere condizioni di vita negli stati del Maghreb, esasperati da stagioni di scarsi raccolto di cereali, terreno fertile per accendere i focolai delle rivolte. Lo stesso linguaggio è disseminato di modi di dire gastronomici: “ buono come il pane”, “gallina dalle uova d’oro”, “non piangere sul latte versato”, “parla come mangi ” sono detti popolari che traducono con- cetti essenziali di vita. Anche le superstizioni collegate al cibo raccontano la storia dei popoli; sprecare il sale si dice di cattivo auspicio, perché nei secoli era il solo modo di con- servare il cibo e la sua mancanza avrebbe portato alla fame, mentre, invece, il peperoncino ha fama di portar bene poiché grazie alla forma che richiama la virilità maschile è segno di vitalità e forza fisica. Dal profano al sacro, il cibo entra nella simbologia delle grandi fedi religiose , dalle proibizioni al va- lore rituale delle condivisioni cerimoniali che hanno nell’Eucarestia l’atto sacramentale più importante per i cristiani. Il legame tra cibo e la cultura di un popolo è insomma un fatto universale, ancestrale e anche elementare, perché poi tutto riporta agli elementi più basilari del nostro mondo, come l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra. Riprendere e rafforzare questi legami, non significa ribadire o rafforzare il ruolo della rappresentanza del settore, ma si vuole raccomandare attenzione, visione e coerenza nell’affrontare i temi del cibo, tra- lasciando improvvisazioni, prendendo, invece, vera consapevolezza di quanto il cibo sia parte integrante del nostro passato e una parte fondante del futuro del nostro Paese. Cibo e Cultura tra Sacro e Profano
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