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FEBBRAIO 2019 / Mixer 77 ICONEMA, SIMBOLO DELLA BELLUSSERA All’importanza del mantenimento delle tradizioni Cà di Rajo, che di vigneti a bellussera ne possiede ben 15 ettari, dedica una bellissima bottiglia, Iconema, che porta in sé le stimmate della bellussera , visto che sull’etichetta è appunto iconizzata la vistadall’altodel vigneto, ma che è soprattutto un rarissimo Tai (ex To- cai) Doc Piave ottenuto da uve, allevate a bellussera , di una vite ultracentenaria. Un vinomagnifico, salino, iodato, dalla spalla larga, dalla boccata ammaliante, giustamente alcolica, con un chiarissimo sentore di cedro candito. Merito del terreno, certo, la zona del Piave è celeberrima per la spinta sapida dei suoi vini, ma anche, voglio credere, di queste bellissime viti che raccolgono in sé una storia talmente nitida da risultare quasi tangibile, ad ogni boccata. Altro splendido esempio di vino prodotto dalla cantina è il Malanotte, ho assaggiato il 2013 e devo ammettere che questo Raboso da uve surmaturate in pianta ha una spinta rabbiosa, un eccellente corpo sostenuto da un bellissimo frutto e una confortevole boccata da ciliegie sotto spirito. Completo il panel degli assaggi con questo lodevole Manzoni (traminer incrociato con trebbiano) Rosa spumantizzato, bellissimo color salmone, bella spinta floreale al naso, boccata piacevole e non eccessivamente persistente. attuale), chenonmiraad inseguire facili guadagni sulle ali dell’ ‘uva d’oro’, ma è impegnato piuttosto nella valorizzazione degli autoctoni e nella salvaguardia delle bellussere , un antichissimo metodo di alleva- mento messo a punto proprio in territorio trevigiano, alla fine dell’800, dai fratelli Bellussi di Tezze di Piave. La bellussera , che oltre ad un metodo di allevamen- to è anche uno splendido esempio di architettura di paesaggio, è oggi purtroppo in via di estinzione. Sviluppata in un momento storico in cui in Francia si sviluppavano guyot e sylvoz , la bellussera permise insieme di combattere la peronospora e sfruttare al massimo le risorse della terra. Nel vecchio modello rurale ottocentesco, infatti, le campagne del Piave erano coltivate in mezzadria, lasciando ai contadini solo un terzo del raccolto. I vigneti a bellussera , che sostanzialmente sono vigneti in elevazione, tendono i tralci vitati a oltre due metri d’altezza, utilizzando paletti di legno lunghi anche 4 metri, uniti con fili di ferro sulle sommità a formare una specie di tetto- raggera, evitando così che l’umidità della terra crei le condizioni per lo sviluppo della peronospora e inoltre permettendo, visti gli ampi spazi tra i filari, di coltivare ortaggi e fieno per la sussistenza della famiglia e del bestiame. Soprattuttogli altissimi costi dimanutenzio- ne, le capacità tecnichenecessarie al suoallestimento e leconcezionimodernedella viticoltura, piùorientate all’”usa e getta”, hanno decretato la fine di questa tipologia di coltivazione, che rimane tuttavia un og- getto di culto per la sua bellezza estetica, clamorosa in vista aerea, oltre che per l’efficacia e l’indiscutibile qualità del frutto maturo. I VIGNETI A BELLUSSERA

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