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MARZO 2019 / Mixer 13 stagionalità, l’attenzione alla biodiversità e alla filiera dei pro- dotti e, soprattutto, la riscoperta delle antiche conoscenze in fatto di conservazione dei prodotti. Da qui ecco le tecniche di fermentazione e macerazione, dalle origini antiche unite alle moderne tecnologie che la cucina attuale può offrire. Semplificando, la fermentazione degli alimenti equivale alla tradizionalecottura.Quasi però, poichéquesta tecnicaantica non toglie proprietà nutritive né gusto, che invece la più clas- sicapreparazione tende, in alcuni casi, a ridurre. Si ottengono quindi cibi probiotici, non adulterati, e sapori andati perduti; alimenti quasi “vivi”. È la ricerca, quasi estrema, di Umami, inteso come quinto gusto, come esaltatore non antagonista degli altri ma, al contrario, amplificatore. “L’Umami – spiega Mattia–èdovutoaunaminoacidocontenuto innatura, libero, inconcentrazione sufficiente inalcunealgheepochissimi altri prodotti.Gliaminoacidisonocompletamenteinsaporiquando impegnati in una struttura proteica; cucinandoli riusciamo a idrolizzare le proteine estraendone alcuni o altri (in base a temperaturae tempo) donandoquindi sapore. Fermentando e macerando si riescono a creare degli enzimi che riescono a fare idrolisi delle proteine senza dover scaldare il prodotto e quindi a estrarre aminoacidi, cioè gusto. La cosa interes- sante è che, oltre ad estrarne di più, ne ricaviamo di diversi, riuscendo a dare nuove sfaccettature di sapore a ciò che in realtà già conosciamo”. Addomesticare gli enzimi per farli lavorare in favore di gusto e digeribilità: ecco quindi, che dalla cucina di Mattia Baroni la tecnica di fermentazione e macerazione dà luogo a vari tipi di garum (agnello, vitello, maiale, gamberi, “creato” utilizzando solo gli scarti di produzione), miso e piso (parente stretto del miso, il piso è una fermentazione di legumi, cereali, ortaggi con buona percentuale di proteine e con residui, come nel caso dei bacelli dei piselli), marinature enzimatiche per le carni (anatra e agnello, ad esempio) e tanti altri. Il risultato? Mille piatti diversi, di gusto, benessere, digeribilità. KOMBUCHA, IL COCKTAIL CHE NON C’ERA Fermentazione e macerazione non sono però, per Mattia Baroni, solo esclusive per piatti e ricette. Ne beneficiano anche bevande, alcoliche e non: è il caso della kombucha, ultima novità in fatto di cocktail. All’interno del ristorante Haselburg lo chef ha infatti inaugurato da pochi mesi il primo Kombucha bar d’I- talia, che propone la bevanda fermentata probiotica a base di tè che, partita dalla Cina, sta conquistando Stati Uniti e mondo anglosassone. Le prime notizie la fanno risalire alla dinastia cinese Qin (intorno al 250 a.C.): era chiamata “elisir della salute immortale” per i suoi benefici effetti sulla digestione e sulle funzioni vitali. Successivamente lakombucha si diffuse inRussia e nell’Europa dell’Est, verso la fine del Medioevo. La sua preparazione è semplice: il tè (verde, nero o un mix di entrambi) o altre infusioni tanniche, zucchero e acqua filtrata vengono sigillati con un tappetino di cellulosa chiamato Scoby (una coltura simbiotica di batteri e lievito). Si fa galleggiare questo biofilm sulla miscela e si lascia fermentare dai 7 ai 30 giorni, a se- conda del clima e delle preferenze personali; il gusto della kombucha può essere interamente personaliz- zato aggiungendo frutta e spezie. È il cocktail che non c’era che, dal passato, guarda al futuro.

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