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2 Mixer / MARZO 2019 IL PUNTO del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani I l “ Bocuse d’Or ” sta all’alta cucina un po’ come il “ Pallone d’oro Fifa ” sta ai campioni del calcio : è un riconoscimento prestigioso e ambito, assegnato nel corso di una serrata competizione internazionale, che, grazie alle capacità or- ganizzative e di marketing dei suoi promotori, sta diventando sempre più importante. Da quando è nata questa “ Olimpiade degli chef ”, nel 1987 a Lione , tuttavia, un italiano non è mai arrivato sul podio, mentre Paesi del Nord-Europa (Danimarca, Svezia eNorvegia) primeg- giano, nonostantenonsianoportatori di grandi tradizioni culina- rie e la stessa guida Michelin non segnali oggi diffusa presenza in questi paesi di ristoranti stellati. Ma più che la presenza altrui, lascia comunque stupiti lo strano caso dell’anonimato della nostra cucina in questo grande premio internazionale. In teoria, perché proprio lo stesso Paul Bocuse, a nome del quale è tito- lato il Premio, sosteneva convinto che il primato della nouvelle cuisine francese si sarebbe interrotto quando i cuochi italiani avrebbero scoperto il valore dei loro prodotti. Ma anche nella pratica l’assenza degli italiani dal palmarés del Bocuse d’Or si fatica a giustificare: solo per citare un esempio, da due anni la cucina italiana, secondo The World’s 50 th Best Restaurant, esprime con Massimo Bottura il miglior cuoco del mondo, in- sieme ad altri nostri straordinari chef nelle posizioni di vertice. Si potrebbe pensare ad un problema generazionale e che l’Italiaesprimaoggipiùcampionipiuttostochegiovaniinnovative promesse, dato che il Premio Bocuse è fortemente orientato all’innovazione e frequentato da giovanissimi chef. Ma forse il problema non è nemmeno questo, dato che il nostro ultimo rappresentante al Bocuse d’Or, Martino Ruggieri, aveva tutti i numeri per farcela e le cucine del mondo sono piene di giovani cuochi italiani (circa 500 solo in Francia), a dimostrazione di un vivaio attrezzato e apprezzato, dal quale pescano tutti. La differenza, più probabilmente, la fa - al solito - la nostra ca- pacità di giocare in squadra, visto che la conquista del Bocuse d’Or è frutto di un percorso, costruito grazie al supporto che ogni Paese riesceadareal suo rappresentante, con investimenti - in tempo, denaro e relazioni - che l’Italia non riesce o sembra poco interessata a recuperare. Al Bocuse ci si presenta infatti con delegazioni numerose e strutturate, alcune dotate persino di psicologodi sostegno, cheapprocciano l’eventocon specifici allenamenti. Sono scelte organizzative e strategiche che non possono essere contrastate con squadre improvvisate, né tan- tomeno sopperite dalla buona volontà dei singoli concorrenti e dalla passione di chi li sostiene. I ricchi Paesi del Nord Europa si possono certamente per- mettere degli investimenti , ma soprattutto hanno deciso di farli per rivalutare la loro ristorazione, tanto da avervi dedicato progetti governativi (vedi laDanimarca), comprendendo la cen- tralità del cibo come elemento di soft-power per la promozione del brand Paese. Mentreattendiamodi poterci permetterecerti investimenti , difendiamoesfruttiamoallorameglio i valori dellanostracucina, che Paul Bocuse conosceva benissimo (qualità e ricchezza degli ingredienti, differenziazione territoriale delle ricette, rispetto dei sani principi nutrizionali, tra i quali genuinità e salubrità dei prodotti), tornando al piatto e meno al racconto, ripristinando il principio “ prima il gusto e dopo l’estetica ”, investendo nei fondamentalidellanostraofferta,curandoanchel’ambiente,che ci offre materie prime uniche per qualità, quantità e diversità. Anche se conunapuntadi rammaricoper unprimato sempre piùaggreditodanuovi e insoliti competitors , rimaniamo infatti convinti che una cosa sono i concorsi, dove con i meriti contano anche le relazioni e le alleanze tra i giurati, un’altra il giudizio di una clientela che vuole bontà ed equilibrio nei piatti, partendo dalla semplicità e dall’identità dei sapori e che, per fortuna, ci assegna ancora un indiscusso ruolo di vertice nel ranking inter- nazionale e che concorre anche alla nostra attrattività turistica. Insomma, forse non ci fregeremo ancora per un po’ del Pallone d’Oro, ma, alimentando il movimento virtuoso di talentuosi cuochi italiani che lo scouting internazionale seleziona e che diffondono nel mondo le nostre eccellenze e la nostra cultura millenaria, “rischiamo” di vincere ancora per parecchi anni la Champions League, e forse anche i Mondiali. Bocuse d’Or e TheWorld’s 50 th Best Restaurant: dove sta la verità?

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