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FOOD FOR INCLUSION, LEZIONE DI CUCINA GIUGNO 2019 / Mixer 15 Comunicativi, perché la cucina è così adatta all’inclusione. “Il cibo è universale, è un bisogno pri- mariomaèanche legatoall’identitàealla differenza. Nelle migrazioni forzate il cibo si configura come grande mancanza non solo materiale, la perdita delle proprie abitudini alimen- tari ha una valenza identitaria fortissima. Nei centri di accoglienza non ci si può fare da mangiare e si perdono pratiche di vita e rituali. Cucinare dunque è il campo privilegiato per ritrovare la propria storia e identità perdute”. Come è organizzato il corso? “Non siamo una scuola di cucina ma insegniamo ad esempio come rivedere i propri piatti alla luce della disponibilità della mate- ria prima in ottica sostenibile. C’è una dimensione di scambio di conoscenzemolto forte e su questo abbia- mo riscontrato un grande interesse nel mondo della ristorazione. Cerchiamo di valorizzare e portare alla luce saperi informali e talenti spendibili sul mercato del lavoro. Fondamentale è la parte di empowerment, per recuperare la capacità di aspirare e capire che direzione prendere”. Si fanno colloqui per abbinare lo studente al ristorante dove seguirà lo stage: tra i criteri ci sono la raggiungi- bilità, le aspirazioni professionali e le aspettative dei ristoratori. Ma c’è anche l’obiettivo di creare relazioni: “Il rifugiato a differenza degli altri migranti non ha una rete sociale di accoglienza né conoscenze che possano aiutarlo a trovare lavoro”. PRECIOUS, 23 anni, dalla Nigeria Progetto Cucinare per ricominciare, lavora da Panino Giusto, in sala In Nigeria avevo lavorato in un ristorante, nel corso ho imparato a fare un cappuccio con i disegni, la pizza e il pane con lievito ma- dre. Mi hanno insegnato a truccarmi, come ci si veste per un colloquio. Ho deciso di spostarmi in un altro Paese, sono arrivata per caso in Italia. Con i clienti non ho mai avuto problemi, alcuni anzi sono venuti a trovarmi quando ho cambia- to locale. Pensi di restare? “Certo, dove vado? Sono qua con voi. Lo so che c’è gente che vuole vadano via tutti gli stranieri; anche nel mioPaese ci sono gli stranieri. Così è la vita. È una cosa che non possiamo cambiare: le migrazioni, lo sviluppo... Io non do fastidio a nessuno e sono qua per migliorare la mia vita, come molte altre persone. È solo questo”. NUHA, 31 anni, dalla Siria Progetto Food for Inclusion, frequenta un master nell’università di Pollenzo Ha studiato Scienze dell’educazione all’università di Aleppo, dove ha lavorato come maestra nella scuole pubblica. Durante la guerra ha perso il marito, con il figlio ha deciso di andare via. Ha scelto l’Italia perché, grazie ai corridoi umanitari, ha potuto ricongiungersi in sicurezza con la sua famiglia di origine. Quando è arrivata “si sentiva persa”. A Food For inclusion ha trovato un contesto interessante e stimolante: “Sono stata messa sulla strada di ciò che mi interessa davvero, la gastronomia. Avevo già una laurea, ho fatto domanda per una borsa di studio per frequentare l’università”. Ora “non riesco a vedere il mio futuro separato dal cibo”.
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