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22 Mixer / GIUGNO 2019 IN PRIMO PIANO Mixability Cina, ma viverci per me sarebbe faticoso. Tra l’altro, il caffè e l’acqua in Cina sono terribili! Perché hai deciso di fare il barman? Premessa necessaria: dopo le medie avrei voluto fare il liceo artistico perché disegnavo molto bene, scrivevo poesie e sognavo un lavoro creativo, ma mio padre si oppose. Ma quando a 16 anni ho iniziato a lavorare come cameriere e ho scoperto l’universo degli American Bar ho capito che il settore del bere miscelato rappresentava per me l’opportu- nità per dare sfogo alla mia creatività per lavorare a contatto con le persone. E come sei diventato un imprenditore di successo? Con impegno, determinazione e tenacia. Un proverbio cine- se recita: anche se i soldi piovono dal cielo, per averli devi comunque andare a raccoglierli. Ecco, io non mi fermo mai e do il massimo sempre. Perché non è importante essere meglio degli altri, ma è essenziale migliorarsi ogni giorno. E non basta impegnarsi sul lavoro, bisogna anche continuare a studiare. I tuoi prossimi impegni? Gestire al meglio lemie tre attività. Oltre allo storico Chinese Box, che nel 2019 compie 20 compleanni, l’anno scorso ho aperto il Bob Milano, in zona Isola, un locale di ricerca con cocktail creativi e raffinati. E da poco, insieme a Fabio Mo- relli, ho lanciato Agua Sancta, un localino in corso Garibaldi specializzato in cucina e distillati messicani. MARGUERITE EL MBIMBEY Nata il 6 febbraio 1983 a Douala in Camerun si è trasferita a Torino a 20 anni e da 13 lavora nel mondo del food&beverage Che cosa ti ha portato in Italia? L’amore per l’arte, l’architettura e la cultura. Provengo da una buona famiglia e anche se io non ho mai goduto del benessereeconomicodeimiei avi, una volta terminato il liceo ho potuto trasferirmi a Torino per frequentare l’università. Mi mancano quattro esami per laurearmi in Architettura E come ti sei avvicinata al mondo della mixology? Dopo la morte, a breve distanza, di papà e mamma la mia situazione economica è diventata difficile. Così per pagarmi gli studi ho iniziato a lavorare come cameriera in un ristorante francese e, in seguito, in un ristorante italiano dove mi sono appassionata al mondo del vino. Infine, sono approdata in un cocktail bar in cui ho scoperto la passione per la mixology. Tutto ciò risale a diversi anni fa, ormai. Per farla breve, non ho terminato l’università per adesso (ma non escludo di tornare a studiare). Ho seguito diversi diversi corsi per specializzarmi come barlady e sommelier. E da allora ho lavorato in diversi locali locali di Torino, e non solo. Essere una donna del Camerun di bella presenza ti ha aiutato nella carriera di barlady? No, la bellezza a volte è un boomerang. Il mondo dei cocktail bar è, per lo più, in mano agli uomini e solo pochi di loro credono che unadonnapossa essere allo stesso tempobella, sveglia e preparata. Figuriamoci se poi hai la pelle nera! Ho dovuto dimostrarlo. E non è stato facile. Sono stata trattata con sufficienza, arroganza e presunzione. Non hai idea di quantebattutesessiste, avolterazziste, abbiasubitodaclienti e colleghi. E ho faticato il doppio di loro per conquistarmi la stima dei superiori. È più facile la vita dietro al banco per un uomo di colore? Senza dubbio. Gli italiani sono intimoriti dagli uomini più alti e grossi di loro e, di conseguenza, li rispettano. Ma nel complesso ti sei sentita ben accolta dalla città di Torino? Meno di quanto mi aspettassi, per questo mi sono trasferita da poco a Roma. La tua ambizione? Ho appena iniziato una nuova avventura all’Hotel de Ville di Roma, spero che sarà un’esperienza in linea con le mie aspettative. Il mio obiettivo è lavorare in un locale che metta davvero al centro il servizio e la cura per il cliente e ottenere gratificazione attraverso l’apprezzamento del mio lavoro.
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