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GIUGNO 2019 / Mixer 91 LA PROFESSIONE pensiero è andato immediatamente a quella enorme massa di bar italiani di carattere opposto: anch’essi difficilmente distinguibili gli uni dagli altri, ma nel segno di un anonimato di basso livello. È un dato di fatto che il bar in Italia è mediamente spiace- vole. Noi italiani abbiamo creato un modello di ospitalità che ha trovato successo nel mondo, poi nel tempo ci siamo scordati dei suoi elementi essenziali. Il bar italiano infatti si è sempre retto su due pietre angolari: la qualità del prodotto e quella dell’ambiente (includendo in essa anche la cortesia del personale). Trovare entrambe queste caratteristiche in un locale nel nostro paese oggi non è impresa facile, non di rado si incappa in locali che ne difettano enormemente. IL RUOLO DEL BAR Per lavoro e per piacere sono un grande sostenitore della centralità del pubblico esercizio nel tessuto sociale. Un bar non è mai solo un bar: è un punto di snodo di esperienze, è un porto sicuro per chi ha bisogno di una tregua dalla vita, fa parte dell’habitat di una comunità. Insomma: è un luogo rilevante della nostra cultura. Così viene da interrogarsi sul perché l’esperienza media of- ferta dal bar italiano sia oggi così modesta. Tanti i fattori. La redditività non sempre delle migliori non permette investimenti rilevanti nell’ambiente e nel design. Alcuni pseudo-professionisti sembrano casualmente dietro il bancone, quasi forzatamente, senza l’empatia tipica del grande barista italiano. Mettiamoci pure un evidente imbar- barimento della clientela che talvolta tiene al bar dei com- portamenti imbarazzanti e persino arroganti. Per questo in cuor mio provo un sentimento di gratitudine per quei baristi e per quelle bariste che in Italia tengono alta l’idea che un bar non è mai solo un bar. Tenete duro, il tempo vi darà ragione, siete voi il futuro della professione. Global Coffee L’autore è direttore generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano (Inei) e consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) CARLO ODELLO A d aprile, camminando per una fresca Taipei, mi sono ritrovato in una traversa. L’ho imboccata per caso, nel tentativo di sottrarmi agli scooter che rumorosamente sciamano per le vie della capitale taiwanese accompagnandosi con generosi sbuffi di gas di scarico. Mentre, sollevato, percorrevo questa strada secondaria mi sono trovato a passare di fianco a una vetrina illuminata quasi agiorno, chebenspiccavanel primoaccennodi notte.Dentro, dietroal bancone, unagiovaneprofessionista, probabilmente sulla trentina, intenta ad assicurarsi che tutto fosse in ordine e pulito. Ai tavoli qualche cliente, soprattutto ragazzi e ra- gazze che potevano essere coetanei o poco più della barista. Arredamento elegante e raffinato, studiato nei dettagli ma non manierista: design discreto, funzionale e caldo. UN MODELLO PER TUTTO IL MONDO Locali così nonsono l’eccezioneall’estero.Anzi, inalcuni paesi sono talmente diffusi da perdere persino di identità proprio perché si assomigliano troppo: si allineano tutti a un modello di qualità, che pur alto, non li aiuta poi a differenziarsi gli uni dagli altri. Ad ogni modo in quella serata taiwanese il mio ABBIAMO CREATO UN MODELLO DI OSPITALITÀ CHE HA TROVATO SUCCESSO NEL MONDO, MA COL TEMPO CI SIAMO SCORDATI DEI SUOI ELEMENTI ESSENZIALI: LA QUALITÀ DEL PRODOTTO E DELL’AMBIENTE di Carlo Odello Un bar non è mai solo un bar
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