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2 Mixer / LUGLIO/AGOSTO 2019 T ra gli operatori del nostro settore – e non solo – sta girando in queste settimane un appello , ineditonella forma, delmondodella ristorazione alle Istituzioni italiane, promosso dalla Fipe. S’intitola “PerNonMangiarsiIlFuturo ”edentrosonostate condensatelepreoccupazioni,ilmalessereeleaspettative dei nostri imprenditori, esprimendo“ checosa ”vogliamo, ma sottintendendo anche una visione di “ chi siamo ” e soprattutto di “ chi vogliamo essere ” per il nostro Paese. È proprio per questo un documento sintetico, ma affatto superficiale, nato dopo una riflessione sulle opportunità e sui rischi che esprimere le proprie posizioni in modo “Manifesto” sempre comporta. In particolare, si è voluto evitare che apparisse come un cahier de doléances pronto a lasciare il tempo che trova , quasi uno sfogo di debolezza di un settore, con- tinuamente maltrattato in fin dei conti proprio perché incapace di valorizzare al meglio le sue tante funzioni: economica, sociale, etica, culturale, antropologica. Il pretesto per l’iniziativa risale ad una recente sentenza delConsigliodi Statoche,disattendendopronunciamenti di T.A.R. e Risoluzioni del Mise, ha eroso ulteriormente il già labile confine tra “ Somministrazione di alimenti e bevande” e “Consumo immediatosul posto”, dove l’unico elemento distintivo è individuato nella presenza o meno del cameriere, svalutando e banalizzando il valore della Ristorazione nel suo complesso. La ricetta del “Manifesto” è chiara: concorrenza leale, visione complessiva del settore, riconoscimento del valore, tutela del consumatore. E la sua impostazione lo è altrettanto: ascolto, confronto, azione. L’appello di FIPE ha giustamente trovato tanti convinti compagni di viaggio, venendosottoscrittodai grandi chef della ristorazione stellata, dalla rete dei ristoranti tradi- zionali italiani, dalle principali aziende della ristorazione commerciale, da migliaia di operatori del settore e dagli stessi consumatori, consapevoli dei rischi che questa de- riva normativa può causare ad un settore importante per l’economia e l’immagine del Paese. Comprensibilmente, ma non giustificatamente, l’iniziativa è piaciuta meno a chi nel tempo ha ricavato vantaggi – e forse vorrebbe continuare ad averli- dalla mancata difesa di un settore che produce valore e che non accetta i compromessi legittimati daghirigori normativi, chespostano ladoman- da, confondono il consumatore e abbassano la qualità complessiva dell’offerta. Come spesso capitaquando le argomentazioni stagna- no, in alcuni casi si è cercato di attaccare il Manifesto attraverso la polemica personale con chi pro-tempore di FIPE ne esprime il vertice e, ancor più pro-tempore e proprioapartiredall’importanzadiFIPE,haunruoloanche dentro la Confcommercio, una Confederazione che per numeri e per vastità settoriale è la più grande del Paese. Proprioessereparteintegrantediungrandesistemacome Confcommercio ci ha insegnato nel tempo a guardare oltre il naso della propria categoria. Ci ha incoraggiato, spinto e portato a porci sempre una domanda di contesto, e ancora più a cercare risposte di senso complessivo. Risposte che non si trovano nel- la posizione individuale di qualcuno, ma nella capacità collettiva di fare bene al proprio Paese. Basta dunque farsi una domanda: sul lungo periodo, al Paese fameglio un settoredella ristorazionedove è stata presidiata e valorizzata la qualità, il servizio, la tradizione e insieme la capacità di innovazione e di investimento, o unsettorestrategico lasciatoallamercèdellaconcorrenza sleale e deteriorato nei fondamentali? In altri termini, nel tempo cosa produce più valore per le altre componenti dell’economia , dal turismo all’agri- coltura, e cosa genera più capitale sociale e culturale per il nostro Paese: una ristorazione forte o una sommi- nistrazione annacquata nei fondamentali? Difendiamo dunque gli interessi della nostra categoria, sperando che questo impegno faccia la differenza, a beneficio del Paese. I perché di un Manifesto IL PUNTO del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani
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