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OTTOBRE 2019 / Mixer 115 che ‘cuba’ 466 milioni di bottiglie prodotte nel 2017 (in lieve calo) e ben 550 nell’ultima annata, tuttavia, è difficilmente privo di complessità. Intanto le de- nominazioni: nella zona strettamente Unesco (circa 10 mila ettari coltivati) sono già tre, Prosecco Supe- riore DOCG (tipologia Conegliano-Valdobbiadene), Rive e Superiore di Cartizze, cui si vanno ad unire la DOCG Montello e Colli Asolani e la DOC Prosecco, quest’ultima estesa sunoveprovincedi VenetoeFriuli Venezia Giulia. BOUQUET ACCATTIVANTE E FESTOSO Un nome sicuramente azzeccato, la presenza come prodotto-cardine in alcuni cocktail fondamentali quali Spritz, Bellini e Rossini, l’identificazione (come già era successo, in anni lontani, per lo Champagne) come prodotto diversivo, non particolarmente impegnati- vo e compagno delle ore liete, hanno contribuito a cementarne la fama, insieme ad un bouquet olfattivo- gustativo indubbiamenteaccattivante, giocatosui toni della frutta a polpa verde e dello sfalcio di campo. Il manufatto a base di uva Glera si è inoltre trasforma- to in un compagno a tutto pasto, soprattutto sulle tavole estive. Un prodotto che è anche storico, data la commercializzazione della bella variante ancestra- le, rifermentata in bottiglia – in zona la chiamano ‘col fondo’ – che si consuma come vino da pasto fin dalla notte dei tempi. TRA IMITAZIONI E CRITICHE Ma accennavo alle complessità, non solo tecniche. In- nanzitutto, come tutti i prodotti a rischio ‘italian soun- ding’, il Prosecco è una delle bevande più imitate al mondo. Ricorderete anche voi la commercializzazione di vino in lattina o alla spina a nome Semisecco o Whi- tesecco, chesicuramente, comeconseguenzaal danno economico, ha portato anche un correlato, forse più grave, dannodi immagine.Oltreaquesto, esseresotto gli occhi e sulla tavola di miliardi di persone in tutto il mondo porta con sé anche un corollario di critiche. L’ultima, in ordine di tempo, è quella del New York Times, che in un articolo a firma Rebekah Peppler, attaccava in particolare lo Spritz, definito un cocktail di pessima qualità, soprattutto a causa della infima qualità di Prosecco con cui viene realizzato. Afferma- zioni cui è difficile controbattere, anche per nostre esperienze dirette. LA SFIDA DELLA QUALITÀ Ecco, amioavviso lasfida, comeconfermaanche lapre- sa di posizione di alcune cantine importanti (Col Vetoràzè l’ultimadellaserie), si giocherà sul campo della qualità. L’estensione, forse eccessiva,dellazonadi produzionehaporta- to inevitabilmente alla commercializzazione di prodotti di bassa qualità, contribuendo ad ampliare la forbice qualitativa. Ricordiamo inoltre che si trattadi unprodot- to venduto soprattutto all’estero – in Italia il Prosecco è appena al decimo posto tra i prodotti più consumati – quindi con minore possibilità di controllo, confermata dal calo della produzione di DOCG sul totale delle bottiglie prodotte. Eppure si tratta di un passaggio delicato e fondamentale. Il riconoscimento UNESCO è insieme una grande possibilità e un ri- schio. Essere sotto la lente di ingrandimen- to globale, inoltre come ambasciatori del gusto italiano nel mondo, è un’occasione troppo importante per perdersi in locali- smi o, peggio, in liti da bar. Per questo so- no convinto che il futuro sarà roseo. In due parole, in Prosecco we trust .
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