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HEALTHY DRINK E DISTILLATI ANALCOLICI È boom per i distillati analcolici. Preparati con ingredienti di origine biologica, vegani e privi di alcool, di glutine e di zuccheri, sono forse la novità più interessante degli ultimi anni. Il primo è stato Seedlip (ideato da Ben Branson nel 2015) che oggi è già presente in oltre 6 mila locali tra coc- ktail bar, hotel, ristoranti e negozi di 25 paesi del mondo. Poi è arrivato l’italiano MeMento (un progetto di Eugenio Muraro presentato a fine 2017) di cui a Roma Bar Show 2019 è stata presentata la seconda etichetta, MeMento Green, a base di mirto verde, melissa, al- loro e fiori d’arancio. Va detto che sia Seedlip che MeMento sono otte- nuti secondo i metodi descritti in ricettari antichi, rispettivamente “The Art Of Distillation” (usci- to nel 1651 a firma del fisico inglese John French) e Il Ricettario Fiorentino pubblicato dal Colle- gio dei Medici e de- gli Speziali di Firenze nel 1498. “Negli ul- timi anni ècresciuta l’attenzione della clientela verso un bere responsabile e di qualità. Ecco perché da un lato i drink zero alcol t r ov a no s em- pre più proseliti e dall’altro si mo l t i p l i cano NOVEMBRE 2019 / Mixer 69 Marco Bertoncini, quali sono i trend in fatto di gin? Intanto, unamacro tendenza riguarda il numerodi botaniche impiegate dai distillatori . Dopo la moda di gin ricchissimi (si è arrivati persino a 50 ingredienti), oggi le aziende abbrac- ciano la filosofia del “ less is more ” e riducono all’essenziale la varietà delle materie prime. Un esempio su tutti, estremo, sono i gindella linea 400 conigli : ottobottiglie mono varietali con una sola altra botanica a parte il ginepro. E poi, dopo la moda del pink gin – che in Inghilterra oggi rappresenta il 40% del mercato, ma che in Italia credo si sgonfierà un po’ – assisteremo alla moltiplicazione dei gin del territorio, segmento del mercato particolarmente in- teressante per le distillerie italiane che con questi prodotti possono promuovere il made in Italy e la storia del nostro Paese. Non è tutto: è tempodi gingastrono- mici , ovvero realizzati con ingredien- ti tipici della cucina. Mi riferisco per esempio ai gin italiani al pomodoro (PomoeMoletto), al basilico (Ondina), al cioccolato (PhDGin, l’unicocon fave di cacao tostate, ideato dalla ricerca- trice dell’Università di Salerno Rossel- la Liberti), al cappero (Kaper Gin di Lucas Kelm, barmanager di Alajmo Group, che con la vittoria della Dol Gin Competition si è aggiudicato un corso di distillazione e 100 bottiglie di ginpersonalizzato), allaginestra (Solo, preparato esclusivamente con ginepro e ginestra). Adatti a essere bevuti lisci, sono pensati soprattutto per essere miscelati in drink concepiti per il food pairing. Con oltre 9 mila referenze di gin, come si fa a orientarsi nella scelta delle etichette da inserire in bottigliera? Indispensabile è conoscere il maggior numero di prodotti. Il pubblico oggi è più consapevole e informato sul gin, di conseguenza per incuriosirlo non basta più proporre una lista di 50 etichette diverse abbinate a qualche tonica, oc- corre sapere valorizzare davvero le bottiglie. Prendiamo il classico Gin Tonic, il cocktail più richiesto in assoluto: in base al distillato, oltre alla tonica, deve essere scelta con cura anche la guarnizione. Ed è solo un esempio. Lo stesso vale per tutti i drink originali, twist o classici. In altre parole, il barman deve rispettare ingredienti, gradazione alcolica e metodo di distillazione della materia prima prescelta. Per riuscirci non è sufficiente un esame gustativo, occorrono pure un’analisi visiva e olfattiva prima di studiare eventuali signature e di scegliere quale gin usare. LUCAS KELM

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