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30 Mixer Pubblico esercizio Da queste considerazioni emerge subito quale difficoltà si celi dietro a questa materia; prova ne è anche la divergenza di po- sizioni degli organi di primo e secondo grado del potere ammini- strativo, non registrandosi, a fronte di un testo normativo che par- rebbe chiaro sul punto, un’unitaria interpretazione. Ciò a scapito dei pubblici esercizi, gravati da un regime normativo differente, da adempimenti che possono risultare anche più onerosi sotto un profilo economico, ma, ancor prima, a discapito del consumatore. Quest’ultimo, infatti, dovrebbe essere destinatario di una corretta informazione, per assicurare una scelta consapevole ed essere mes- so al riparo da un mercato la cui rapida evoluzione rischia di non garantire un patrimonio che da sempre caratterizza l’identità (e l’eccellenza) italiana. A fronte dell’apertura di locali soggetti a meno oneri, ma che nella pratica effettuano un’attività del tutto similare alla ri- storazione, per il solo fatto che non si fornisce “servizio al tavolo”, il nostro Paese potrebbe essere impoverito (non solo dal punto di vista economico) dalla chiusura delle attività di ristorazione, con la perdita di innumerevoli posti di lavoro e con la messa in perico- lo di tradizioni culinarie da sempre imitate ed emulate in tutto il mondo. In sostanza, si fa sempre più forte il campanello di allarme che imporrebbe la concreta realizzazione di un settore costruito sul principio, di cui la Federazione è forte sostenitrice, “stesso mercato, stesse regole”. Ad oggi, purtroppo, tutto sembrerebbe banalizzato e ridotto a una diatriba burocratica che resta aperta e che necessiterebbe di puntuali chiarimenti (ed eventuali precisazioni normative) per non percorrere sentieri sbagliati, ancora fautori di contenziosi e che ri- schiano di mettere in barba il buon funzionamento di un mercato d’eccellenza che genera un valore culturale ed economico indub- bio per il nostro Paese. D’altro canto, è fuor di dubbio che davanti ai nuovi modelli di consumo, non si possa giungere alla creazione di nuove regole sulla base della mera interpretazione delle norme attualmente vigenti. Quale la soluzione dunque? Occorre una complessiva revi- sione e un aggiornamento del quadro normativo, in grado di disci- plinare con coerenza il nuovo contesto che si è venuto a creare, tute- lando la corretta concorrenza, la qualità e, quindi, i consumatori. ❁ La distinzione tra le due attività non è banale e le ripercus- sioni non sono scontate. Infatti, ove il legislatore fa riferimento ad attività preposte alla vendita (es. gastronomie) non si parla di somministrazione degli alimenti, piuttosto di attività di cessione dei beni , alle quali oggi è consentito vendere prodotti alimentari, che possono, come già anticipato, essere estemporaneamente con- sumati all’interno del locale, nonostante gli stessi siano primaria- mente e prevalentemente destinati alla vendita o ad attività di la- boratorio. Ciò premesso, al fine di tutelare il consumatore, è necessario che tali negozi rispettino alcune regole, tra cui l’obbligo di applica- re e indicare il prezzo per unità di misura di ogni singolo prodotto (e quindi in base al peso dello stesso). Questa specifica richiesta, prevista anche dal Codice del Consumo, fa emergere un secondo strumento indispensabile, vale a dire la bilancia, di cui deve essere dotato il locale preposto alla vendita al dettaglio di alimenti e che consenta anche il consumo immediato. D’altro canto, solo in questo modo è possibile applicare il differente regime di aliquote IVA previsto per singoli prodotti a se- conda della loro tipologia, elemento che necessita di menzione e di calcoli differenziati anche sullo scontrino. Un secondo strumento indispensabile, di cui deve essere dotato il locale preposto alla vendita al dettaglio di alimenti, è la bilancia.

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