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2 Febbraio 2020 Mixer Non c’è tempo da perdere Il punto hi prevede rischia di sbagliare le previsio- ni , ma chi non prevede rischia di essere in ritardo rispetto ai tempi che cambiano i contesti. È un concetto semplice da esprimere, difficile da sviluppare in qualsiasi situazione, so- prattutto quando si tratta di strategie di politica economica dalle quali dipende la crescita del Pa- ese, oggi quanto mai messe in discussione dalle epocali trasformazioni che stanno rapidamente cambiando le abitudini e i comportamenti del- le singole persone, che impattano anche nei loro nuovi modelli di consumo e stili di vita. Il dibattito politico sembra, tuttavia, con- centratospessoaltrove , o comunque distratto e cer- tamente lento nell’accompagnare i cambiamenti, con provvedimenti utili per combinare moderni- tà e tradizione, incapace a rimediare alle patologie che la tecnologia produce sui comportamenti, sulle relazioni sociali e sulla perdita dei presidi sociali e culturali sui quali si fonda la nostra civiltà. Basti vedere le trasformazioni in atto al si- stema tradizionale della distribuzione , che aveva nei negozi di vicinato e nei centri commerciali i suoi capisaldi. Oggi questo sistema è aggredito dallo svi- luppo del commercio elettronico, che sta stravol- gendo i modelli di business tradizionali, mettendo in difficoltà il piccolo commercio nei centri storici e persino la stessa Grande Distribuzione Moderna, con effetti non ancora compiutamente realizzati sulle comunità, in termini di sostenibilità, socialità, sicurezza e vivibilità. E ancora più rilevante l’effetto sulle comuni- tà che avrà l’indebolimento degli avamposti della cultura, come le librerie, le edicole, le sale cinema- tografiche o i teatri, oggi in grandissima difficoltà e abbandonati al lorodestino. Qui non si tratta di una darwiniana “selezione naturale” del mercato, dove sopravvive il più evoluto, ma si corre il rischio di un pericoloso immiserimento culturale, che avrebbe effetti collaterali non ancora pienamente imma- ginabili. Il fatto grave, però, è che pochi si pongono il problema e quelli che lo fanno, come le Associa- zioni di rappresentanza, sono dichiarati di parte e, quindi, considerati inattendibili. Bisognerebbe, invece, allarmarsi come per le acciaierie e le fabbri- che che chiudono, le compagnie aeree che agoniz- zano, le banche che saltano, dove lo Stato, spesso e anche giustamente, interviene, finanzia, ripara, per salvaguardare livelli occupazionali o interessi strategici del Paese. Scarsa visione, invece, è assegnata al desti- no del Commercio e dei luoghi della Cultura , che incidono sulla qualità della vita e le competenze delle persone e rafforzano l’identità dei luoghi. Su questi comparti incombono rischi di perdite irre- parabili sul patrimonio sociale e culturale, oltre che imprenditoriale, sul quale si fonda la storia e la forza del nostro Paese. Non si richiede di arginare il commercio elettronico , fenomeno planetario inarrestabile, anche se qualche intervento di equità fiscale si im- pone, ma di sostenere la tradizionale rete commer- ciale e i terminali culturali, con agevolazioni fiscali, incentivi, aiuti e politiche attive di rigenerazione che offrano prospettive ad attività la cui utilità va ben oltre l’impatto economico che producono. I negozi, le edicole, le librerie, i cinema ed i teatri sono luoghi di incontro che fertilizzano valori sociali, culturali, antropologici, anche economici, sui quali è cresciuta la nostra civiltà. Non stanno meglio i Pubblici Esercizi , an- che se sembrerebbero in contro-tendenza vista la loro esplosione in termini di numeri, tanto che un recente annuncio promozionale di una importante agenzia di pubblicità, presentava il quadrodesolan- te del settore pubblicitario, dove “tutto si è confuso e contaminato, con la sparizione degli esperti e nel quale tutti fanno tutto, con un consumatore che non capisce più nulla”, con la conseguente inefficacia di molte campagne che non hanno poi l’atteso ritor- no commerciale. E per rafforzare il concetto, prendeva come esempio “il ristorante che è anche pizzeria, che nel pomeriggio diventa wine-bar e la sera serve sushi” domandandosi se questo confusionario camaleon- tismo non debba essere contrastato. Giusta riflessione per una situazione di emergenza, che impone un Piano Strategico sulla cui elaborazione le forze migliori del Paese hanno il dovere e la responsabilità di agire per influenza- re ed incoraggiare politiche utili e lungimiranti. ❁ presidente FIPE di LINO ENRICO STOPPANI C

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