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71 Marzo 2020 chi produce e distribuisce sia di chi sceglie e consuma. Meno zucchero significa poi anche meno calorie, e ridurre le calorie può davvero avere un significato forte per la nostra salute nel complesso. In questo senso, e per rispondere al quesito, la stevia, che si estrae da una pianta origina- riadall’Americadel Sudepossiedeunabuona capacitàdi dolcificazione insieme aunridottocaricodi zuccheri “diabetogeni”, puòcostituireuna possibilità in più per il consumatore: a patto di non abusarne. Se sono un soggetto a rischio, posso concedermi ogni tanto un soft drink, magari facendo attenzione a prenderne uno senza zuccheri ag- giunti? Chi ha il problemadi soffriredi determinatepatologiedevepoter vivere una vita quanto più possibile normale: negare, colpevolizzare, vietare, senza fornire soluzioni gradevoli e gradite è un grande errore. Demo- nizzare alcuni alimenti può significare non solo creare un vero muro rispetto al soggetto (a rischio o no, perché la vita è fatta anche di piccoli grandi piaceri e un drink certamente lo è), ma anche un muro del sog- getto verso ilmondoperché negarsi quel drinkpuò significaremolto in termini di vita sociale e relazionale. La stradadeve esserequellanondi negarebensì di scegliere: e in questo senso il mercato, oggi, ci offre davvero tanto. Se siamo a rischio prendiamo un drink con dolcificanti non iperglicemizzanti o un pro- dotto in cui gli zuccheri siano addirittura assenti. Magari parliamone con chi è dietro il bancone a servirci, il quale dovrebbe sempre più svi- lupparequelle consapevolezze che si rendononecessarie inunmercato che cambia e si articola sempre più. Molti non sanno che diverse aziende specializzate in succhi di frutta hanno immesso sul mercato succhi 100% frutta. In questo caso, quale l’atteggiamentoanche rispettoal consumodi questebevandedaparte dei piùpiccoli? Ottimacosache si tendaprogressivamentealla riduzionedei carboidrati semplici aggiunti a un alimento – quale è ad esempio il succo di frutta – che già è fornito di un proprio carico di zuccheri assolutamente non indifferente: il fruttosio contenuto nella frutta (e quindi nei succhi di frutta) è uno zucchero con altissime caratteristiche dolcificanti e grandi capacità caloriche. Basterebbe quel fruttosio, per garantire unprodotto buono, saporito e anche energetico. La possibilità di un succo di frutta ricco di “vera frutta”, è una spinta intelligente verso la qualità e verso la riduzione di zuccheri aggiunti: ideale innanzitutto per i bambini che amano poco la frutta tradizionale e per i quali un succo di frutta di qua- lità può rappresentare una stimolante occasione per il palato. Il biologico sta crescendo e sono tanti i consumatori che si rivolgono a queste categorie di prodotti. Una bella opportunità per chi vuole la garanziadi unprodottogenuinoal 100%. Èdavverounaopportunità? Credo di sì: il biologico in pochi anni si è conquistato una importante fettadimercatoeha costituito la risposta aunpubblicoesigente: quello che non vuole sconti sulla qualità e la tracciabilità di ciò che porta alla bocca. Un pubblico che si è allargato a macchia d’olio e che ha positi- vamente “contaminato” con le proprie esigenze, anche quella grande massamenocriticadi utenti cheoggi peròvede conpiacere lapossibilità di consumare un pasto – o un drink – avendo amente la necessità di un carico chimicomeno impattante, o anche solo la possibilità di far riferi- mentoaunaproduzionedi filieraqualitativamente elevata e certificata. Dobbiamo immaginare che col tempo le produzioni avranno sempre più caratteristiche simili a quelle del bio per il semplicemotivo che il mercato richiederà sempre più prodotti che, con le garanzie della tracciabilità e della qualità, possano garantire di essere davvero “amici” della salute e non potenziali fonti di problemi e pericoli. Epoi ci sono leacque funzionali, chehanno il vantaggiodi averepoteri drenanti e reidratanti. Cosa ne pensa inmerito? Le acque “funzionali” promettono capacità di reidratazione, energizzazione, depurazione, tonificazione, antiossidazione e tanto altro. Difficile che dietro tutte quelle prospettive ci sia sempre un reale risultato. Ma non ci interessa. Bere acqua funzionale può favorire un maggiore consumo di acqua, la qual cosa può anche rappresentare un buon traguardo. Poi ci sono le bibite vegan, senza conservanti e coloranti… Le bibite “vegan” sono un’ulteriore articolazione delle nuove proposte “del bere” e rispondono a una delle utenze più severe, quella dei vega- ni. I componenti di questi drink sono tutti di provenienza vegetale e di certo possono rappresentare uno stimolo interessante che mi sentirei di proporre per la fruizione di tutti e non solo dei vegani. Parliamoanchedimaterieprime: aloe, cocco,mirto o, anche tèbianco, nero, indiano. Insomma, c’è qualche prodotto che ha caratteristiche organolettiche davvero interessanti da segnalare? Sono tutte “materie prime” che hanno interessanti qualità organolet- tiche (legate alla loro origine vegetale) e grandi capacità di suggestione e di fascinazione (legate spesso alla loro origine geografica e culturale). Probabilmente, ci si attende a volte troppo in termini di rica- dute salutari da questi drinkmentre sarebbe il caso di ridimensionare talune aspettative e gustare semmai di più il grande carico di buoni sa- pori e ottimi profumi che queste bevande “naturali” possono regalarci. Bere bene stando in compagnia o regalando a se stessi unmo- mentodi tregua, è unprivilegio al quale dovremmo accostarci senza ri- chiedere troppoallabevanda che assaporiamo: farloevitandobevande senza zuccheri aggiunti, senza alcool, senza conservanti e coloranti,ma scegliendo profumi e gusti che ci facciano viaggiare con il palato e con la fantasia è uno dei grandi meriti di queste bevande dalle quali pre- tendere qualità, tracciabilità, gusto e suggestioni. ❁

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