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85 Marzo 2020 organolettica in cantina, ovverosia aggiunta di colle o coadiuvanti, chiarifiche, microfiltrazioni, micro-ossigenazioni). L’unico intervento consentito è quello dell’aggiunta di solfiti, unpo’ perché si tratta di unprodottonaturale della fermentazione, un po’ perché comunque la solforosa, aggiunta in quantità non dannosa per l’organismo, permette di rendere il prodotto più stabile nel tem- po, impedendo a una bottiglia di trasformarsi da un imprescindibile supporto ‘ricreativo’ in un qualcosa di dannoso. COSA DICE LA NORMATIVA EUROPEA Per fare un esempio delle linee guida dei prodotti naturali, a diffe- renza del disciplinare del biologico, che permette di denominare un vino tale quando ha quantitativi di solforosaminori di 100mg/l (vini rossi) o di 150mg/l (bianchi), con la normativa europea che consente rispettivamente 160 e 210 per la messa in commercio (con un più 40 mg/l in caso di annate sfavorevoli), i produttori normalmente si atte- stano tra i 25 e i 40 mg/l. Anche se l’obiettivo, nemmeno a dirsi, è quello di scendere sotto i fatidici 10 mg/l che obbligano alla citazione in etichetta. Altra usanza tipicamente italiana, consentita per esempio in Austria, è la proibizione dell’utilizzo dei cosiddetti liqueur d’expedition o di ogni alterazione del dosaggio zuccherino. Quindi, in caso di spumantizzati, o zero dosage o niente. Sia chiaro, si trattadi principi rigidi edi difficilissima applicazio- ne, verosimilmente riservati amicro-produzioni (tutte in vigne di pro- prietà, siabene inteso!) in cui è realmentepossibile curare ogni aspetto, dalla campagna alla cantina, ma soprattutto perché per rendere quan- to più possibile ‘spontaneo’ un processo come la fermentazione (che spontaneo sicuramentenonè), ènecessariaunafinezza, la classica ‘ma- no’ del produttore, che non si impara soltanto sui libri. Anzi. È fatta di vendemmie, fatica, tentativi,molti errori e altrettanti cocciuti tentativi. Ovvio che si tratta di unmovimento in embrione, che tuttavia accomuna – complice il cambiamento climatico – diversi produttori in un territorio genericamente ‘europeo’, allargato a platee non così usuali come Repubblica Ceca e Slovacchia, l’Istria, le più classiche Au- stria e Slovenia; ma quello che è necessario rilevare, almeno nei miei ultimi assaggi, è unnetto innalzamentodel livelloqualitativo: prodotti stabili che, pur riflettendo fedelmente, proprio per questo sforzo di non invasività, le caratteristiche dell’annata, riescono a completare la platea dei vini in commercio inuna direzione di nicchia (e necessaria), davvero lontana dal maistream . Per chiudere, faccio qualche nome basandomi su recenti bot- tiglie che mi hanno impressionato: per esempio Tavcar in Slovenia, Meinklang inAustria, Slobodnè Vinárstvo in Slovacchia, per poi finire conGiuseppeMascoli di Salina, Paraschos, e ovviamente l’imprescin- dibile Radikon, ad Oslavia, due monumenti nel Collio. ❁ Il vino naturale nasce da una somma di attività che si muovono nella direzione di un rifiuto totale della chimica di sintesi in ogni fase della lavorazione.

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