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4 Settembre 2020 Primo piano Il punto N ella fase post-emergenziale da Covid-19, per il settoredei Pubblici Esercizi, quasi parados- salmente, sonoesplose leproblematiche col- legateadue fenomeni opposti, eppure concomitanti : lamovida e lo smart-working. Il fenomeno della movida non è di certo nuovo, come non lo è purtroppo quello della “ma- la-movida”, ma ha trovato nella sofferente clausura imposta dal lungo lockdown un detonatore, che ha acceso in alcuni il desiderio di eccessi e ha alimenta- to patologie sociali come la violenza, il vandalismo e il disordine. Questo tipo di situazioni non preoccupano giustamente solo chi gestisce l’ordine pubblico del- le città, ma sono un problema vero e proprioper gli stessiPubblici Esercizi , che – tantopiù inunperiodo di forti criticità economica ed organizzativa – si tro- vano vittime di un contesto che scoraggia la buona clientela e porta inevitabilmente a provvedimenti amministrativi di divieto o limitazione delle attivi- tà, con ulteriori danni economici. Oltre il danno vi è anche la beffa: perché spesso proprio sulle imprese della somministrazione viene scaricata la colpa di tali situazioni, quando invecene andrebberobenap- profondite le cause a livello sociale. Tali cause vanno infatti individuate nell’educazionecivicaevaloriale , inuno spinto liberismo cheminimizza la professio- nalità e anchenel modellodi sviluppocommerciale diffuso nel nostro Paese : chiunque può acquistare alcol aqualsiasi ora , tramite i numerosiminimarket proliferati nei centri delle città e in tanti chioschi e venditori ambulanti, a volte anche abusivi, che spes- so ledono le regole suorari e luoghi di posizionamen- to e non rispettano il divieto di vendita ai minori. A questo si collega un tema di sviluppo urbanistico, con politiche discutibili – e poco discusse – che ne- gli ultimi decenni hannodeviatoflussi commerciali, promosso interessi immobiliari, consumato terri- torio, desertificato intere aree, determinando una radicale trasformazione del tessuto sociale e com- merciale, conun sovraffollamento in alcuni contesti delle stesse attività di pubblico esercizio. Ben inteso, il settore ha – e deve avere – delle responsabilità e quando FIPE si impegna nella sua azione a contrastare i fenomeni dell’abuso di alcol e del disordinatosviluppourbanistico-commerciale lo faesattamenteinquest’otticadi com-partecipazione . Esiste infatti la possibilità di pensare ad una “movi- da-sostenibile” , cioè, una fruizionedel divertimento serale in un’ottica di rigenerazione urbana e non di degrado , ancorandosi allo sviluppo qualitativo dei Pubblici Esercizi, grazie ad esempio a dispositivi an- ti-rumore, a nuove modalità di fruizione degli spazi esterni, a servizi di cortesiaper evitaredisordine eda una rinnovata collaborazione con i Comuni. Anche questo deve essere il modo per ridare luce alle città, uscite svuotate, smarrite e intristitedal lungoperiododi lockdown , favorendoun contagiodi positività e contribuendoadaccompagnare il diffici- le percorso verso la normalità perduta. Un percorso arduo anche a causa dello smart-working – e arrivo dunque al secondo fenomeno critico di questo mo- mentostorico–che stacausandouna perditacostan- te e consistentedi clientela (8milioni di lavoratori al giorno),mettendo indifficoltà la rete delle attività di servizio, cresciuta nel tempo proprio per dare rispo- sta ai lavoratori fuori casa. È chiaro a tutti che in una fase emergenziale siaprevalsa la giustapreoccupazione di non favorire la diffusione del contagio.Meno chiaro amolti è che mantenere il modello del lavoro agilemassivo nella fase post-emergenziale crea una serie di controindi- cazioni, riassunte da interventi pubblici come quelli del Professor Pietro Ichino e del Sindaco di Milano Giuseppe Sala. Laddove il giuslavoristaponeunpro- blema di produttività del lavoro, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, il Sindaco di Milano ha manifestato una preoccupazione per il rischio di un deterioramento della coesione sociale , senza le fre- quentazioni nelle quotidiane occasioni di incontro tra lepersonedettatedal lavoro. Il rappresentantedei Pubblici Esercizi, invece, nonpuòmancaredi eviden- ziare in aggiunta il rischio collegato ai cali di fattura- to: se le imprese non lavorano, riducono inevitabil- mente i posti di lavoro, aggravando in tal modo non solo i dati sull’occupazione (e tutti abbiamo visto il drammatico rapporto Istat uscito poche settimane fa),maanche alimentandounapericolosadispersio- nedi professionalità eun indebolimentodella “rete distributiva della socialità ” di cui i Pubblici Esercizi sono il motore. Lo smart-working finisce per non es- serepiù tanto “smart” se impoverisce tutto il sistema. Tornare alle tradizionali modalità di lavoro non significa peraltro tornare indietro. Significa in- vece trovare i modi di vivere i luoghi in sicurezza, ridefinendo gli orari e la vivibilità cittadina. Essere “smart” significa guardare avanti, dando il giusto va- lore al lavoro, al buon lavoro, di tutti, dal “working” al divertimento serale. Temi delicati, quindi, travogliadi aggregazio- ne e opportunità di isolamento, da accompagnare, però, con la giusta attenzione e responsabilità, anche per evitare la pandemia della povertà , che è tra i pe- ricolosi effetti collaterali del Covid-19. ❁ presidente FIPE di LINO ENRICO STOPPANI Tra Movida e Smart-working

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