MX_332

2 Dicembre/Gennaio 2021 Mixer Il punto L a pandemia in corso ci presenta mese do- pomese un conto umano, sociale ed econo- mico che sembra diventare esponenziale. FIPE stima che, alla fine di questo periodo, 50mila imprese chiuderanno, costrette – in molti casi – ad una procedura fallimentare dalle ben note conse- guenze sulle loro famiglie, sulla rete dei loro fornito- ri, sui lorodipendenti e sulla reputazione degli stessi imprenditori. Di fronte a questo scenario, diventa neces- sario e urgente agire: da un lato, per prevenire le chiusure, con gli indennizzi a fondo perduto, i co- siddetti ristori, e con misure in grado di tamponare l’emergenza. Dall’altro lato, poi, bisogna mettere in campouna strategiadi gestionedelle chiusure stesse, procedendo con l’istituzione di un fondo destinato a mitigare gli effetti dei fallimenti sull’indotto e sui lavoratori,maancheattraverso ladefinizionedi nuo- ve regole sulla crisi d’impresa. È civile – al netto delle situazioni patologiche che vannomonitorate edevi- tate – permettere a tanti imprenditori di ricostruire altre attività senza attendere inunpurgatorioperso- nale che aggiunge unprolungato stigma di inattività alla disperazione del momento. Ma oltre la crisi c’è di più. Se i lockdown del 2020 erano ipotesi non prevedibili, la fragilità di tante imprese del settore era fatto noto. Pertanto, il rischio di un effetto a cascata di chiusure e falli- menti, oltre a rattristarci e indurci all’azione imme- diata, può – e deve – indurre oggi ad una riflessione di fondo sul settore. Lungi da farne un discorso di selezione darwiniana (da questa crisi non emerge- ranno solo “i migliori”, perché la pandemia innesca talmente tanti processi distorsivi da travolgere an- che imprese con grandi valori e valore), il momen- to che stiamo vivendo dovrebbe incoraggiarci non solo alla sopravvivenza, quanto ad una vera riqua- lificazione del settore. Sisacheilmondodellasomministrazioneha vissuto da lunghi anni un’espansione quantitativa, nonsupportatadaunproporzionalerafforzamento qualitativo. Le liberalizzazioni, a partire dalle Leggi Bersani, sono andate oltre la “semplificazione” au- spicata ehannofinitoper incoraggiare un “semplici- smo” che affondava le radici inunamancanzadi soli- di requisiti professionali all’ingresso. Sia chiaro: è – e rimane –unorgoglioessereun settore sceltoda tanti giovani o aspiranti imprenditori; questoporta inno- vazione nel comparto, dinamica nelmercato e testi- monia un valore del settore in termini di immagine e ruolo. Tuttavia, l’improvvisazione imprenditoriale rischia di essere un boomerang sociale ben oltre il vantaggiodell’autoimpiego. Dieci anni, èquesta l’an- zianitàmedia tra studio ed esperienza lavorativa nel settore e, considerate le scuole dell’obbligo (8 anni), il dato rende manifesto come la somministrazione sia scelta troppo spesso come impiego semplificato e dequalificato. L’improvvisazione e la mancanza di buone regole generano infatti almeno tre effetti di- storsivi sulmercato: eccessodi offerta,menogaranzie per il consumatore, fragilizzazione delle attività. E le conseguenze le vediamo crudamente oggi. Serve dunque un piano di riqualificazione del settore, ingradodi incidere sui trepassaggi chia- ve di ingresso, mantenimento e uscita dal mercato degli imprenditori. In ingresso, vanno rivisti i criteri di accesso al settore della ristorazione e dell’intratte- nimento in modo da alzare l’asticella professionale diffusa. Per garantireunapermanenzaqualificatanel mercato, vanno poi rafforzate le persone, impren- ditori e dipendenti, con un investimento sulla for- mazione continua. Infine, per gestire l’uscita, o me- glio, per evitare l’uscita prematura delle imprese dal mercato, vanno rafforzati i requisiti patrimoniali in aziende che non sono un accessorio, ma rappresen- tanounmotore fondamentaledell’economia edella società italiana. La riqualificazione imprenditoriale, però, non può poggiare sulla debolezza sistemica. Il po- sizionamento politico e istituzionale del settore è la condizionenecessaria, seppur nonsufficiente, amet- tere i Pubblici Esercizi italiani sul percorso che me- ritano. Basti pensare che le aree di competenza del nostro settore sono frazionate a livello istituzionale, con la conseguente mancanza di un coordinamen- to di filiera efficace e soprattutto con lamancanza di una visione complessiva ingradodi promuoverne le enormi potenzialità di sviluppo. Il mondo dei Pubblici Esercizi è elemento strategico per la filiera agro alimentare del Paese e fattoreprimariodi quella turistica , eppure – come il cane con due padroni che rischia di morire di fame – al di là delle generiche attestazioni di stima, finisce troppo spesso per non rappresentare nei fatti una priorità nelle linee di intervento di alcun dicastero. Invece, i Pubblici Esercizi sono una priorità, non solo per i numeri che rappresentano, ma per il valore aggiunto che riportano al Paese. Riqualificare oggi il settore significa aiutarlo a rialzarsi migliorato daquesta crisi,ma anche arrivare allaprossima –per quanto inaspettata e certamentenonauspicata –più pronto e più forte. ❁ presidente FIPE di LINO ENRICO STOPPANI Uscire migliori dalla crisi

RkJQdWJsaXNoZXIy MTg0NzE=