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2 Febbraio 2021 Mixer Il punto S ettantotto sono i giorni di chiusura in cui i Pubblici Esercizi italiani hanno dovuto ab- bassare serrande, primi ad essere chiusi e ul- timi ad essere ri-aperti, impediti a servire anche un solocliente,mentrequestostessoclientepoteva stare in fila in un supermercato. Inoltre, gli stessi Eserci- zi sono stati sottoposti ad uno stillicidio di provve- dimenti nazionali, regionali e, in alcuni casi, locali: chiusura alle 24, anzi no alle 23, ancora no alle 22 e poi alle 18 e, infine, chiusura totale, ma solo nelle zone rosse e arancioni. Infine, le Feste Natalizie, rag- giunte in un’altalena di indiscrezioni, ripensamenti e devastante incertezza, con il nuovo blocco totale arrivato solo in prossimità del Natale. Per dirla con il famoso titolo di un libro di Gabriel GarciaMarquez , purtroppo, sembra un po’ la “Cronaca di una morte annunciata”, perché sen- za gli adeguati e immediati ristori, per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere al binomio tra limitazioni e cambi profondi nel pro- prio modello di business. Rimangono nondimeno addosso due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persinodi capire, che– spossatoda incertezza e crisi – sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i PE,maha conseguenze benpiù ampie delmondodella ristorazione, è laperdurante impres- sione di un pericoloso e immeritato pregiudizio nei confronti del settore. La fastidiosa distinzione tra attività econo- micheessenziali enonessenzialifinisceperoscurare la realtà : che cioè tutte le attività economiche sono essenziali quando producono ricchezza, occupazio- ne, servizi. E tutte le attività sono sicure se garantisco- no le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati.Ogni giornosi è infatti disposti adaccettare i rischi sanitari connessi ai milioni di persone che si muovonosuimezzi pubblici, nelle fabbriche, nei can- tieri, nei campi, ma viene ritenuto pericoloso e im- proponibile frequentarebar e ristoranti, anche seap- plicanotutte lemisureper il contenimentodel conta- gio. Bar e ristoranti cheperaltro, giàprimadell’estate 2020, si sonopreparati a riaprire adottando i rigorosi adempimenti previsti dai Protocolli Sanitarimessi a puntodal CTS (ComitatoTecnicoScientifico) edall’I- NAIL: distanziamento dei tavoli, registrazione del- le prenotazioni, mascherine, gel igienizzanti, menu digitali, plastificati omonouso, cartelli informativi in ogni angolo dei locali, prodotti monodose. Nei quattro mesi del 2020 in cui si è potuto realmente stare aperti , su oltre 6,5 milioni di con- trolli effettuati nel complessodelle attività commer- ciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18%ha subito una sanzione: lo dicono i dati del Ministero dell’In- terno. Siamo i primi a chiedere responsabilità e nes- sunamorbidezzanei confronti di chi appena si apro- no le maglie ne fa un’occasione di “liberi tutti”. Non ci sono d’altro canto dati a supporto dell’ipotesi che il nostro settore sia stato respon- sabile dell’aumento dei contagi. Paradossalmente proprio nei periodi di potenziale assembramento – come le Festività – i locali pubblici avrebberopotuto rappresentare alternative più sicure alle inevitabili riunioni dentro le case dove non c’è nessuno a far rispettare protocolli e sanificazioni e a contare i due o più di due non conviventi a tavola. La chiusura a singhiozzo di dicembre è costata invececarissima intermini economici, equi i dati ci sono. Non lavorare, o lavorare a singhioz- zo, in quello che per tantissimi è ancora il mese clou dell’anno ha significato per il settore sacrificare ul- teriori 5,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 27 miliardi già persi nel 2020. Al “modello tedesco”, in- vocato a più riprese nelle misure restrittive, ci si do- vrebbe forse ispirare anche nei ristori: indennizzo al 75%dei fatturati calcolato suimesi di novembre edi- cembre, riduzionedell’IVAal 5%e tuteladagli sfratti, adesempio. I ristori erogati in Italia –per quanto im- pressionanti nei numeri assoluti se considerati com- plessivamente– sono infatti inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni e rischiano di disperdere impreseeposti di lavoroeprofessionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese: Agroalimentare e Turismo. I Pubblici Esercizi italiani sono infatti tanti, ma non sononumeri. Sono i volti e lemani dei gesti quotidiani, del caffè, dell’aperitivo, del pranzo fuori casa e della cena con le persone care. I bar, i caffè, i ristoranti, i locali, i pubblici esercizi sono una com- ponente simbolica emateriale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della vita trascorsa in- sieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare nonpermettere a rischio il Paese, ma permettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. L’ArcivescovodiMilano,MarioDelpini, nel suoultimoDiscorsoallaCittàhadetto che ci voglio- no “quelli che si fannoavanti edicono: Eccomi! Toccaa me!”, così come servonoquelli che “restanoal loropo- sto e, secondo le loro responsabilità fanno funzionare ilmondo e guardanoavanti”. Ecco, i Pubblici Esercizi sono pronti a farsi avanti per stare al loro posto, un posto che da sempre è al centro della vita delle per- sone e che oggi, se aperto, può essere più utile e più sicuroper tutta la società, dal puntodi vistaeconomi- co, ma anche dal puntodi vista sanitario e sociale. ❁ presidente FIPE di LINO ENRICO STOPPANI Il posto dei Pubblici Esercizi
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