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4 La sempre preannunciata razionalizzazione dei punti vendita (in termini di numero e di qualità), è davvero alle porte? Oppure anche questa volta, il “mix italico” di creatività e la capacità di trovare stratagemmi per sopravvivere alle nuove condizioni avrà la meglio e il panorama dell’offerta fuoricasa post covid, resterà lo stesso di prima? Tuttavia, quest’ultimo anno abbiamo visto che appena è stato possibile gli italiani sono sempre tornatiaconsumarefuori casacongrandeentusiasmo: questoci fadire che, unavolta terminata l’emergenza sanitaria, i consumi torneranno a crescere, sostenuti dal poter tornareavivere fuori casamomenti di socia- lità, esperienzialità, vacanze e tempo libero, nonché nuovamente legati a bisogni più funzionali derivanti da occasioni di lavoro e studio fuori casa. Prosegui- ranno inoltre quei trend socio-demografici (maggior occupazione femminile, piùsingle, famigliepiùpicco- le, …), che hanno sostenuto i consumi fuori casa negli ultimi anni. E poi torneranno i turisti stranieri. Nel medio-lungoperiodoprevarrannogli aspetti positivi e il sistema troverà la capacità di reagire e di reinven- tarsi connuovimodelli di business eunadattamento ai nuovi trend. ➃ Ipunti di consumohannodimostratounagrande resilienza, ma indubbiamente le perdite sono state pesanti, anche se con grandi differenze. I locali più tradizionali e despecializzati, spesso a gestione fa- miliare e conmuri di proprietà, hanno subitomeno contraccolpi, rispetto alle attività a carattere più im- prenditoriale, con una più pesante struttura di costi fissi (affitti, dipendenti, …). I segmenti piùcolpiti sono stati gli hotel, le discoteche, i locali serali, i bar situati nei centri delle città turistiche, nei centri direzionali e nelle location di traffico. Non dobbiamo nascon- derci che alcuni non reggeranno (operlomeno i loro conti economici), soprattutto quelli che erano già in difficoltà. Ma se consideriamo l’elevata densità dei punti di consumo, si tratterà dell’accelerazione di un fenomenoche avevamogiàprevisto inun tempopiù lungo. I bar avevano già registrato una riduzione ed erano già in atto fenomeni di “ristorantizzazione”, con l’aperturaoconversionedi bar inbistrot e la sem- plificazionedei format di ristorazione (conproposta di taglieri, tapas, offerta monoprodotto, …). Nelmedio-lungoperiodo, ipuntidi consumo piùgeneralisti, chenonsaprannodarsi unposiziona- mento, soffrirannomaggiormente,mentre i piùma- nagerializzati, in grado di intercettare i nuovi trend, riemergeranno.Neèunesempio ladiffusionedimini catene della ristorazione adimostrazione che le idee se vincenti hanno successo. Più ingenerale, gli opera- tori incatenahannofiducianel futuroe si dichiarano pronti a proseguire i loro programmi di sviluppo. recupero. Nel 2020 abbiamo registrato un passag- gio del 5% dei consumi di Food & Beverage in dire- zione del domestico.Ma se guardiamo agli ultimi 20 anni, il fuoricasa ha avuto una crescita imponente e ha guadagnato tantissimo. E questo trend ripren- derà per tante ragioni: bisogno di socialità, famiglie meno numerose, aumento del numero di stranieri, passione diffusa per i cibi etnici e così via. Non solo il trend positivo riprenderà, ma mi aspetto un recu- peromolto veloce. Inoltre, anche l’industria sta accelerando sul fronte dell’innovazione. C’è la questione della soste- nibilità e della sostituzione della plastica e c’è una diffusa accelerazione verso i prodotti riciclati. Nel campo dei fusti di birra, quelli in pet stanno diven- tando sempre più performanti, con alcune aziende che stanno investendo con buoni risultati: cioè con una capacità di “durata” della birra nei nuovi fusti maggiore che inquelli tradizionali, per essere chiari. Certo, non mi nascondo i fattori negativi, la perdita del lavoro di molti italiani, e la crisi genera- lizzati nel breve periodo. Ma voglio dare unmessag- giopositivo, ossia che, se questo sarà un anno “zero”, anche questa crisi verrà superata. Il mio ottimismo non è campato per ariama è legato a dati di fatto, ad esempioaquel che si èvisto la scorsa estate. Èbastato poco perché nei mesi estivi i consumi riprendessero a vele spiegate, con trend in linea – e a volte superiori – a quelli degli anni precedenti. ➃ In termini di punti vendita, siamo nell’ordine di oltre 300mila esercizi in Italia, conun certo sviluppo delle catene, anche in franchising, e un turn over tra aperture e chiusure che era già elevatissimo prima e potrebbe aumentare ulteriormente. Le crisi ricorrenti finora non hanno inciso sulla numerica dei bar italiani. E non è detto che ci sia una razionalizzazione. Quando un bar chiude, la cosa più facile è che subito ne apra un altro, spesso un giovane immigrato, magari con un format h24 come sta accadendo sempre più spesso nelle zone periferiche delle grandi città. Insomma, inItaliaaprireunpiccolobar èuna cosa agevole. Che poi molti non abbiamo la cultura e la competenza per portare avanti l’attività, e per farlo con professionalità, è un altro discorso. E tutta la filiera, a partire dall’industria, dovrebbe lavorare per favorire la diffusione della cultura d’impresa e la capacità imprenditoriale. Ma non è sempre facile. In ogni caso, io credo che continueremo ad avere lo stesso numero di punti vendita di prima della pan- demia… 9 Marzo 2021 → → Foto: EleDettori

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