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38 Dossier Birra Mixer Imprenditoria birraria grossisti / Quando la passione non basta. Il ruolo del distributore in un mercato che cambia. di Daniele Risi ◼ la ristorazione – anche qui, chiaramente, le birre artigianali nazionali si trovavano sotto forma di proposte, a integrare quel classico ventaglio di marchi industriali o pseudo ita- liani più “classici”; per il tipo di consumo e di attivitàmolto spesso la scelta era quella del formato 75 cl e sovente erano prodotti del territorio. Gli aspetti comuni aquesti canali erano la tantonuova quantominore scelta sul mercato, la volontà dei vari attori di cercare nuovi prodotti ed esplorare nuove direzioni del gusto, il doversi confrontare con un’enorme curiosità e una diffusa ignoranza sul prodotto e la difficoltà di trovare birre buone. Difficoltà generata, quindi, sia dal fatto che i produttori era- no ancora pochi sia dalla mancanza una filiera strutturata in maniera completa. Facendo un confronto con quello che vediamo oggi, possiamo constatare che di quel periodo rimane poco, che la maggior partedegli aspetti èmigliorata e che si sonoaffacciate alcunenuovefigure, comequelladel distributore specializzato. È stato necessario fare questo passaggio, per così dire narrativo, perché raramente ci soffermiamo a pensare a che cosa ci consente di acquistare o a quale sia il percorso che ci fa arrivare qualcosa. Di base siamo più orientati a pensare al “quando” o al “quanto”, piuttosto che al “come”. Così come siamo portati a pensare, o a dare per scontato, che un deter- minato passaggio commerciale rappresenti solo un aggravio per i costi sul prodotto, piuttosto che inquadrare il suo ruolo nel contesto del mercato. S eun tempo lanostra amatissimabevanda eraquasi un prodottocarbonaroedi difficile reperibilità, conpochi birrifici sparsi sul territorio in cui i primi appassionati dovevano recarsi fisicamente per poter acquistare, oggi la si- tuazione sembrerebbe quasi opposta. Siamoarrivati a vederepubblicità suemittenti o testa- te nazionali, libri italiani e traduzioni sull’argomento, nuove associazioni, nuovi concorsi, nuovi corsi, addirittura un nau- fragato tentativo di talent show. Tutto questo in un fiorire di nuovi produttori e di locali ammiccanti al dorato mondo dell’ambrosia liquida, la cui crescita sembrava potesse non averemai fine. Come si suol dire, però, non è tutto oro quello che è dorato, come attestano i dati di settore diffusi in questi giorni riferiti ai produttori, attestati su un -90% di fatturato nella prima fase della crisi. DOVE ERAVAMO, DOVE SIAMO OGGI Provate a fare un salto indietro di dieci-quindici anni e a pen- sare a quale birra bevevate e a dove la potevate trovare. Non è per nulla scontato che fosse artigianale e, se lo era, è quasi cer- to che contenitore, grafica e reperibilità fossero nettamente differenti rispetto a oggi. Per poter avere una visione generale bisogna innanzi- tuttoprovare a fareun’analisi sull’evoluzionedei canali di ven- dita rispetto alla commercializzazionedellabirraartigianale , così da capire da dove siamo partiti e dove ci troviamo oggi. Al di là dei percorsi personali di avvicinamento a que- sto stupefacente prodotto, in una prima fase i canali attraver- so i quali si potevano scovare le produzioni dei nostri amati pionieri erano: ◼ i produttori stessi – non a caso, tra i primi birrifici, la mag- gior parte nasceva con un locale di mescita; ◼ i pub evoluti – o evolutivi se preferite, mossi dalla passione e dalla curiosità, con l’idea di innovarsi e allargare i confini proponendoqualcosadi nuovo, inunanaturale evoluzione in parallelo al microcosmo dei produttori; ◼ i beershop – che per lamaggior parte, all’epoca, erano forse più vicini a enoteche con alcuni prodotti brassicoli italiani, che timidamente iniziavanoa spuntare; sulmiopercorso ce n’è statouno cheproponeva, per l’appunto, prodotti “misti” (vale a dire birra sia artigianale sia industriale);

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