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2 Maggio 2021 Mixer Il punto C hi conosce i Pubblici Esercizi Italiani sa che è un mondo popolato di personaggi estrover- si, nondi rado carismatici, per la grandissima parte socievoli, e comunque fortemente consapevoli dell’importanzadell’aspettorelazionaledelmestiere. Tuttavia, chi conosce davvero bene la realtà dei bar, deiristoranti,dellediscoteche,deicatering,dellesale dagiocolecitoodegli stabilimentibalneari, saanche cheèsindacalmentecategoriapiuttostoschiva,restia nell’assumereimpegnipubbliciedifficiledacoinvol- gere in pubbliche manifestazioni , abituata a lavora- re sette giorni su sette, tanto più negli orari in cui gli altri riposano o si divertono. Eppure, proprio questo mondo si è trovato in pochi mesi più volte alla prova di pubblichedimostrazioni permanifestaredisagioe disperazione: segnodei tempi drammatici eal di fuori di ogni normalità,ma anchemisuradelladifficoltàdi tramutare la “piazza” in “forza sociale”. AncheFIPEperduevoltehasceltodiscende- reinpiazzainquestimesi,l’ultimail13aprilescorso. L’ha fatto in linea con la propria storia, con il proprio stile e con i propri valori, per dare una volta in più -in termini collettivi- testa, voce e volto alle esigenze del- lacategoria, tramutandole inproposteper il Paese. La piazzadi FIPE, dunque, nonè stataunaprovadi forza, quantounsegnodi forzasociale, ingradodi rendere le storie individuali istanzecollettivee i temidi categoria necessitàgenerali,restituendoun’immaginedelsetto- re all’altezza con il valore reale per il Paese. “Noi siamo qui. Vogliamo futuro”: abbiamo ripetuto il 13 aprile da Roma e in tantissime piazze d’Italia.Un’affermazionedipresenzachepuòapparire pleonastica,ma che èdiventatanecessariaper un set- tore trattatoda invisibile, considerato– tecnicamente – “non essenziale”, mortificato nel trattamento, im- putato a più riprese della responsabilità dei contagi e informato troppo spesso della proprio sorte a poche oredall’entrata invigoredei provvedimenti. Possono forsesembrare termini forti, visto il contestosanitario di persistente gravità e di difficilissima soluzione, ma è certo difficile trovarne altri, se a distanza di oltre un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, l’unica co- stanteneiprovvedimentiemergenzialirimaneilbloc- co -totale, parziale o ad intermittenza- dei Pubblici Esercizi,conl’amaraconstatazione,poi,cheilsacrificio imposto al settore risulta alla prova dei fatti inutile, visto l’andamento dei contagi e le risultanze dei dati. È evidente che, a queste condizioni, viene precluso il presente di queste attività, ma ne viene drammaticamente pregiudicato anche il futuro. Da qui lo slogan “vogliamo futuro” che, lungi dall’essere evocativo richiamo alla sopravvivenza del settore, si rivolgeinnanzituttoadisporredimisureemergenziali adeguate, precisandoinnanzituttocheunacosaèaver perso fatturatoper fatti contingenti, altracosaèaverlo persoperchéobbligatiachiudere.Tantopiùcheunin- terventoadeguato–nellaportataenella tempestività –non contribuisce a salvare un singolo imprenditore o una singola categoria, serve all’intero Paese perché, lasciando la ristorazione al proprio destino si rischia un’Italia più povera e più incapace di intercettare la ripresa.Nonsaràcertosostenibilerisarciretuttoquan- to è stato perduto (né lo si èmai preteso), ma appare degno di uno Stato liberale e democratico che chi è statopiùpenalizzatovengamaggiormentesostenuto, comeèstatoragionevolmente fatto intanti altri Paesi. D’altraparte,ilsettorenonchiederegali:“vo- gliamo futuro” è principalmente un appello per la possibilitàdilavorare ,diriaprire.Insicurezza,conuna strategia,certamente,masubitoesenzaun’esasperan- te “apri e chiudi” che confonde emortifica. Come abbiamo ripetuto tante volte anche su queste pagine, ai Pubblici Esercizi sono stati assegna- ti onerosi Protocolli sanitari, la cui rigorosa e vigilata applicazione siamo i primi apretendere. Anzi, aperte, proprio le imprese del settore possono dispiegare al meglio la loro funzione di presidio, di sicurezza e di mantenimento della qualità della vita. Devono però poter fare il propriomestiere. Parimenti,conrispetto,abbiamochiestoalla Politica di ritornare a fare il proprio, che è quello di programmare, progettare e indurre gli avvenimenti , incominciando a recuperare gli inaccettabili ritardi nella campagna di vaccinazione, dal momento che proprio i vaccini sonoattodi civiltàeanchequestione di competitività economica tra i Paesi, visto chepesa- no sulle ripartenze delle attività. “ Noi siamo qui. Vogliamo futuro”. Aggiungo anche che meritiamo rispetto. Lo meritano gli im- prenditori che sono scesi con rispetto ma determi- nazione in piazza, pur così lontana dalla loro indole. Lo merita un settore straordinario strumento di co- esione sociale, elemento imperdibile per l’identità e l’attrattività italiane, strumentodi promozione all’in- crociodi duefilierestrategiche: quellaagroalimentare equella turistica. Lomerita ilmodellodi vita, la storia e l’identità che il settore esprime e rappresenta e, sen- za il quale, il futuro dell’Italia non sarà più lo stesso. presidente FIPE di LINO ENRICO STOPPANI Noi siamo qui. Vogliamo futuro

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