Mixer 340 Ottobre 2021

98 Ristorazione / Giro di vite Mixer Di lontana origine caucasica, gli orange wine sono una risorsa perfetta in questi tempi affamati di storytelling, biologico e sostenibilità di Alberto Gerosa Q ualcuno storcerà il naso per quel palato fortemen- te aromatico e tanninico che li contraddistingue. Altri obietteranno che le lunghe macerazioni rischia- no di farli sembrare tutti uguali, coprendo i sapori delle uve con quelli della vinificazione. E poi quel colore aranciato, che in alcuni casi vira sull’ambra, ad alcuni proprio non va giù. Nonostante tutto questo, gli orange wines sono diventati un fe- nomeno con cui fare i conti anche alle nostre latitudini, come dimostrano i vigneti per la produzione di vini arancioni mes- si a dimora tanto nel Friuli-Venezia Giulia quanto nella Campania. Sì, perché le origini di questi tannini sono molto più lonta- ne sia nello spazio sia nel tempo: provengono dal Caucaso, do- ve si stima che venissero prodotti già set- te od otto millenni fa, prima ancora dei greci. In Georgia, nel Caucaso meridionale, gli oran- ge wines si vinificano oggi come 8.000 anni fa; l’u- nica cesura di rilievo è rappresentata dal perio- do sovietico, che abbandonò i metodi tradiziona- li per sposare l’industrializzazione su vasta scala. In sostanza, il procedimento è quello della vinifi- cazione in rosso, utilizzata tuttavia su uve a bacca bianca. Presso i vigneron georgiani la funzione dei tini di legno e delle vasche di cemWento o acciaio viene assolta fin dalla notte dei tempi da grandi an- fore di terracotta, note come qvevri. Dichiarate nel 2013 dall’Unesco patrimonio dell’umanità insie- me all’intero procedimento della vinificazione ge- orgiana, le qvevri vengono interrate, accorgimento adottato originariamente per rendere più difficili i furti ma che si rivelò di fondamentale importanza per l’esaltazione dell’aroma, favorita dalle tempe- rature costanti all’interno delle anfore. Qui le buc- ce cedono al mosto in fermentazione i loro polife- noli e tannini, conferendo al futuro vino arancione sia il caratteristico colore sia soprattutto le caratte- ristiche organolettiche. Che si riassumono in una forte mineralità e una bocca intensamente tanni- La rivoluzione arancione PER CHI HA FRETTA 1. I vini color arancione o ambrato macerati sulle bucce sono un importante trend. 2. Sviluppano un palato molto aromatico, affascinante ma che necessita di abitudine. 3. Si producevano già 7-8.000 anni fa nel Caucaso, vinificando uve bianche in anfora. 4. Si sposano a piatti saporiti di mare, pollame, insaccati e soprattutto formaggi. 5. Oggi si producono anche in Italia, dal Friuli-Venezia Giulia alla Campania. 6. L’uso di lieviti indigeni e l’assenza di solforosa soddisfano la richiesta di sempre maggiore naturalità. ca, profumata di scorze d’agrume, erbe selvatiche e miele nel finale. Certo, come si diceva all’esordio bisogna farci l’abitudine. Come d’al- tronde avviene con altri prodotti e specialità provenienti dalla Geor- gia, dalla grappa ad altissima gradazione alcolica nota come chacha alla celebre acqua minerale Borjomi (la preferita del dittatore Sta- lin), dal marcato sapore sulfureo. Sapori deci- si, che nel caso dei vini arancioni si accompa- gnano molto bene ora con pietanze di pesce saporite, ora con insaccati e pollame, ora an- cora con i formaggi, meglio se lungamente sta- gionati. A questo proposito, l’abbinamento da provare è quello con il khachapuri, la tipica fo- caccia georgiana ripiena di formaggio e uova. Complice l’interesse di un viticoltore del Col- lio recatosi nel passato recente in Georgia per studiare queste ancestrali tecniche, appli- candole a vitigni tipici del Friuli e della Slo- venia come la Ribolla gialla, i vini arancioni hanno conosciuto negli ultimi anni in Italia una popolarità mai raggiunta in precedenza. A trainare il successo degli orange wines contri- buisce sicuramente anche la sempre piùmarcata attenzione che industria, esercenti e consumatori rivolgono aimetodi naturali di vinificazione, con l’utilizzodi lieviti indigeni e la rinunciaall’aggiun- ta di anidride solforosa. Circostanze che concor- rono tutte a candidare questi tannini a “the next big thing” nel mondo dell’enogastronomia, nel segno degli indiscussi mantra di questi tempi: storytelling, biologico e sostenibilità. ❁

RkJQdWJsaXNoZXIy Mzg4NjYz