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1 Novembre 2021 Mixer di DAVID MIGLIORI Il bivio davanti al barista Il punto Inutile girarci attorno o negare la realtà. Di fronte all’aumento di tutti i costi, per i baristi ci sono sostanzialmente solodue opzioni. Una è quella di ab- bassare la qualità del caffè utilizzato, concentrarsi sul basso prezzo e non sulla qualità; acquistare solo sulla base del risparmio immediato, puntando su prodotti non necessariamente scadenti, per carità, ma spesso sprovvisti delle caratteristiche necessarie per ottenere un buon espresso in tazzina al bar. Vogliamo dirci la verità fino in fondo? C’è an- che chi - e speriamo si tratti solo dellaminoranza della minoranza della minoranza - arriva a mischiare pro- dotti di qualità diversa, sperando in questo modo di abbassare solo leggermente la qualità finale, puntan- do su uno stratagemma considerato tutto sommato venale per “tirare avanti”. Di fatto sono invece comportamenti gravis- simi. Si tratta di un inganno per i clienti convinti di bere un caffè di marca e di un comportamento che danneggia le aziende di torrefazione oneste e serie che legano il loro nome alla qualità del prodotto e si ritro- vano espressi e cappuccini imbevibili venduti con il loro nome. Per stare su una vecchia massima che vale sempre: le bugie hanno le gambe corte. E si trasforme- ranno in un boomerang nel momento in cui i clienti decideranno che il sapore e l’aroma di quel che hanno trovato in tazzina non vale la pena della sosta al bar. E faranno altre scelte. La strada alternativa per il barista serio - e consapevole che un buon caffè ha un suo prezzo -, è operare una scelta di onestà e saggezza. Può stringe- re i denti e accettare di ridurre i suoi margini sul caffè, giocando su altri prodotti e fattori, dando per scontato che su quel prodotto non possa guadagnare quanto sperava? Forse. Certamente è una scelta che può valere solo per quei locali che non fanno del caffè il proprio business centrale. Ma per la stragrande maggioranza dei bar italiani la nera bevanda è la ragione di vita e questo discorso non può valere. Per loro il margine dato dal caffè non può ridursi. E quindi non resta che puntare su qualità e servizio, scegliere torrefattori che della qualità dellamateria prima fanno la loro ragione d’essere e proporre ai clienti un espresso di alto livello. Aquestemutate condizioni dimercato il caffè in tazzi- napuònecessitaredi unprezzo leggermentemaggiore. Perché i consumatori danno per scontato che da Starbucks i prezzi sianomaggiori? Perché sono con- vinti di pagare un’esperienza di qualità. Qualcosa di validoper cui vale la pena spendere di più. Se ilmondo dei bar italiani - e il sistema del caffè nel suo insieme, dalle aziende di torrefazione al cliente finale - facesse sua questa pretesa di qualità in tazzina, la questione del prezzo diventerebbe secondaria. Il caffè per chi lo beve è fonte di piacere, è energia per lamattina, carica in diversi momenti del- la giornata, unmomento di gusto e saporemolto par- ticolare che non stancamai, anche dopo anni e anni di consumo regolare. E vogliamo credere che un amante del caffè rinunci a tutto questo per pochi centesimi in più? Difficile pensarlo. Ma ad una condizione. Che quell’aumentonon sia una presa in giro, bensì un salto di qualità in tazzina, un miglioramento che servireb- be a tutto il settore, al buon nome di una categoria di professionisti che vende un prodotto che è vanto ed orgoglio della tradizione italiana. ❁ Con l’aumento dei costi, l’esercente deve scegliere tra due strade molto diverse fra loro. Una sembra comoda e in discesa, ma è di breve durata e a fondo cieco, l’altra sembra più impervia, ma porta a destinazione. All’insegna della qualità
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