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24 Pubblico esercizio/Un caffè in academy Mixer Lamappa che ci piace È bello pensare che quando ci apprestiamo ad assaporare una sostanza nella nostra bocca, le zone deputate alla percezione di ogni singolo gusto si accendanocomedelle lampadineuna volta raggiunta una determinata intensità. A primo impatto verrebbe da immaginare la lingua come una mappa suddivisa in aree dove si viene di continuo stimolati da una sensazione diversa, sia gustativa che tattile. Per quanto possa essere affascinante im- maginare la lingua così schematizzata, purtroppo questo pensiero non risulta appropriato, perché molto semplicemente lamappa non è il territorio. Seguendoquesta logicaper descrivere le zo- nedi percezione corrispondenti adundeterminato gusto, ci renderemmo subito conto che, in realtà, avviene una percezione globale a livello gustativo sulla lingua e su alcune zone della bocca. Identificare quindi una zona specifica di impatto gustativononpuò rappresentare propria- mente la realtà e, di conseguenza, è sempremeglio limitare le rappresentazioni soggettive, anche se si può aver lapercezione di sentire e provare ungusto più intenso in alcune parti della bocca. Le fasi di percezione all’interno della bocca seguonounapredisposizionenondel tuttoconven- zionale e differisconodaquella iniziale di olfazione a causa dell’interazione di più sensazioni. Avviene una vera e propria commistione dovuta ad una se- rie di eventi che possono portare a fenomeni di soppressione e addizione. Dopo aver appurato che la percezione non risulta indeterminate zonema su un’ampia super- ficie della lingua, sulle labbra e su altre parti del ca- vo orale, bisogna capire quanto questa percezione possa durare nel processodi analisi di unprodotto. I gusti principali che si possono ritrovare sono cinque e, più nello specifico, ognuno di lo- ro provoca sensazioni diverse che si presentano con tempi di rilevazione distinti, quindi abbiamo: AMARO, ACIDO, DOLCE, SALATO, UMAMI Quando si parladi caffè, l’amaro rappresen- taungustoscontato, poiché semprepresenteanche se con livelli di intensità differenti, a prescindere dalle originimiscelate e, ovviamente, dallaprepon- Una descrizione della fase di percezione sulla lingua di MarcoBazzara deranza di robusta rispetto all’arabica. La differenza tra le due specie sta appunto nella maggior presenza del gusto amaro nella robusta, dovuta anche alla quantità superiore di caffeina. Questo gusto può durare a lungo, dipendentemente dal fatto che il caffè presenti un’alta concentrazione di composti amari, come ad esempio in un’origine della specie robusta oppure nel caffè con tostature spinte. Nel caso dell’espresso, l’amarezza può venir percepita diver- samente sia a caldo che a freddo, per il semplice fatto che dipende dal tipo di composti che si attivano con diverse temperature. L’acido è un gusto che è tornato alla ribalta soprattutto gra- zie al movimento dello “Specialty” e caratterizza a tutti gli effetti il caffè, assieme all’interazione con altri composti, per i suoi connotati di finezza e complessità, sempre se predisposto geneticamente e se processato a dovere. Un’acidità troppo elevata, ovvero una sensazione che ricordi l’asprezza del limone, non è da sottovalutare, soprattutto quando si riscontra inun espresso. Con alte temperature di estrazione edun’ele- vata pressione si rischia di limitare le potenzialità di un prodotto e lo stessoaccadequandononè stato tostatoa sufficienza equindi nonpo- trà sviluppareunventaglioaromaticoadeguatoaquestapreparazione. È anche vero che sia l’acido che il dolce interagiscono con la componente aromatica esaltando sia la percezione gustativa che quella aromatica stessa, in quello che può essere classificato come un fenomeno di interazione. Con unmetodo di filtrazione a gravità si può avere unamag- gior intensità di acidità per esaltare le caratteristiche aromatiche del
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