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84 il Barman Mixer una coincidenza? O sarà forse il punto d’incontro tra il mondo del whisky e quello dei cocktails? In effetti, il vero grande passo verso la miscelazione del whisky come la conosciamo oggi è stato fatto ne- gli attuali Stati Uniti d’America, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo , quando hanno iniziato a nascere quelle ricette che tutt’oggi sono note nel panorama del bar- tending come i pilastri fondamentali della miscela- zione: Old Fashioned, Manhattan, Mint Julep, e molti altri. Non è una coincidenza che proprio una di quelle preparazioni sia stata per svariati anni, anche in tem- pi recenti, il cocktail più bevuto al mondo. Stiamo parlando ovviamente dell’ Old Fashioned, trait d’union tra medicina e piacere , tra necessità e sollazzo, oggi considerato (a ragion veduta) nell’O- limpo della miscelazione. La ricetta attuale richiede l’utilizzo di Bourbon o Rye Whiskey, Angostura Bitter, zucchero e acqua, ma anticamente questa stessa ri- cetta veniva adattata in base al luogo nel quale era preparata, utilizzando gli ‘spiriti’ locali , quali vodka, gin, cognac... ovviamente, essendo questa specifica ricetta nata negli Stati Uniti, lo spirito utilizzato era il whiskey, nell’accezione Bourbon derivante dal mais, oppure nella versione Rye derivante dalla segale. Abbiamo poi la stessa tipologia di evoluzione anche in altri famosi cocktail, quali il Manhattan, il Whiskey Sour, e il meno famoso (perlomeno in Italia) Whi- sky&Soda : tre perfetti esempi di come il whisk(e)y non solo si adatti perfettamente alla miscelazione, ma anche come possa dare un significato comple- tamente diverso alla preparazione anche solamente cambiando l’origine del distillato stesso. Prendiamo ad esempio il Whisky&Soda: la ricetta è talmente complessa che neanche ci si prova a standardizzarla, ed è paradossalmente semplice capirne la ragione… proviamo infatti a immaginare un Whisky&Soda con un penetrante whisky torbato di Islay, oppure con un delicato e floreale Single Malt giapponese, o magari con un intenso e pseudo-dolce Bourbon americano, fino ad arrivare a uno speziato Rye o a un bilancia- tissimo Pot Still irlandese: variabili infinite, impossibili da considerare appieno. Cosa succede quindi? Succede che il whisk(e)y stes- so non è più un ingrediente a sé stante, ma comincia a diventare una variabile decisiva nella ricetta, soprat- tutto quando la provenienza (che sia territoriale oppu- re legata alla materia prima) ne definisce il carattere. Come nel caso del Manhattan: oggi la ricetta ufficiale richiede l’utilizzo del Rye Whiskey, ma ricettari prece- denti parlano anche di BourbonWhiskey, e in certi casi anche di generico American Whiskey. Cosa succede quando però si esce dalla connotazione territoriale del whiskey americano? La storia ci dice che la va- riante del Manhattan che contiene Scotch Whisky ha avuto, ad esempio, un importante valore edonistico per gli amanti del genere alla fine del XIX secolo, tanto da tramandarne il nome nei principali manuali di tutto il mondo: stiamo parlando del Rob Roy . Come dimenticarci poi del Whiskey Sour ? Intramon- tabile compagno di viaggio di tantissimi viveur più o meno famosi, alla ricerca del gusto ultimo nel bilancia- mento tra spirito, acidità e dolcezza; una delle ricette più semplici ma al tempo stesso più complesse, dove ancora una volta le caratteristiche aromatiche del whi- sk(e)y utilizzato vanno a comporre la sinfonia gusta- tiva per la quale questo cocktail è fra i più preparati al mondo! Anche qui le varianti si sprecano, basti notare che nell’ultima classificazione IBA è apparsa una spe- cifica ricetta che prende volutamente ispirazione da questo super-classico: il Penicillin . Creato nel 2005 al Milk&Honey di NewYork, questa ricetta prevede l’utiliz- zo di due whisky differenti: un Blended Scotch Whisky e uno specifico whisky proveniente dall’isola di Islay, che porta con sé gli aromi austeri e fumosi che hanno reso l’isola famosa in tutto il mondo. Insomma, di esempi ce ne sono in abbondanza, e considerando che il mondo del whisky sta vivendo una nuova epoca d’oro proprio in questi anni , non è per nulla scontato che la stessa miscelazione del whisky possa essere rivoluzionata. Quale sarà quin- di il prossimo trend della miscelazione? Ricette in- credibilmente complesse che richiedono un’elevata conoscenza delle tecniche e dei prodotti utilizzati, come nel caso del Penicillin o del Paper Plane? Op- pure un ritorno alla semplicità del Whisky&Soda e del Mizuwari giapponese? O magari sarà il whisk(e) y stesso a cambiare i propri connotati, così come è già avvenuto nel corso dei secoli, e noi bartender non faremo altro che utilizzare nuovi prodotti adattandoli ad antiche ricette? Il bello della storia è che diventa tale quando ormai non si può fare più niente per cambiarla; quindi, far- ne parte rimane il più grande dono che abbiamo in questa vita. Possibilmente, sorseggiando un Old Fa- shioned. £
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