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8 COVER STORY Se per molti trovare persone che lavorano in cucina non è un problema (negli ultimi anni la figura dello chef ha infatti saputo consolidare il suo valore), risulta molto più complicato trovare gente per la sala. “Per fortuna ci sono gli stranieri che però spesso non parlano italiano”, aggiun- ge Maggiori, che si colloca di diritto in quel 59% di aziende che, come sostiene Fipe, non trova forza lavoro all’altez- za delle aspettative : “Manca la formazione, la capacità tecnica che consentirebbe anche di essere pagati di più. Per fare un lavoro che oggi richiede sei risorse ne bastano tre, ma devono essere formate. Per questo motivo, voglio creare un’accademia per il per- sonale di sala, che è dequalificato ma come professiona- lità è addirittura superiore. Un buon servizio può salvare anche un pessimo piatto, è il mio motto”. E non è vero che la colpa è del reddito di cittadinanza , la responsabi- lità piuttosto è di un sistema che obbliga chi fa impresa ad adempiere a troppi vincoli: “Siamo sommersi da costi e tasse, e non possiamo spesso permetterci di retribuire meglio i nostri dipendenti, che pure meritano dignità. Lo Stato è nostro socio al 60%”, commenta Carlotta Andre- acchio , titolare de La Trattoria del Marinaio di Messina . PAROLA D’ORDINE ATTRATTIVITÀ: LA SFIDA DEL NUOVO CCNL Deficit di manodopera, stipendi troppo bassi, una pro- fessionalità tutta da ricostruire. L’occasione per provare a sanare i vizi del settore potrebbe arrivare dal prossimo rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro , scaduto lo scorso 31 dicembre 2021. Qui Fipe giocherà la sua partita più importante, forte di un accordo che, già oggi, copre la maggior parte del mondo dei pubblici esercizi, per un totale di 58.395 aziende e 400mila lavora- tori ( nella Tabella 1 l’elenco dei principali cinque ccnl ). In attesa che nel 2023 le parti diano vita al nuovo contratto, l’obiettivo è proprio quello che auspicano gli esercenti: cambiare l’attuale percezione del settore e riconqui- stare i giovani : “Il contratto non ha solo una parte eco- nomica, il documento va rivisto nel suo cuore a partire dalla nominalistica e dal modo in cui vengono assunte le persone”, afferma Chiriatti. Per questo, le due parole chiave alla base del prossimo accordo saranno moder- nizzazione e attrattività. “Ci si deve attendere un nuovo patto di rilancio: chi en- tra nel settore deve immaginare di intraprendere un per- corso non occasionale che lo porterà ad essere un pro- fessionista . Poi ci sarà sempre una fetta più giovane che lavorerà per pagarsi gli studi, per fare un’esperienza, ma quello che dovrà dare questo contratto sarà un orizzonte professionale condiviso con il sindacato, ridando dignità e centralità a chi lavora all’interno della filiera”. Nemico numero uno da combattere, in quest’ottica, il dumping contrattuale, pratica da sempre legata all’universo dell’o- spitalità e della ristorazione (vedi box) che consente alle imprese poco virtuose di rimanere sul mercato facendo ricorso al lavoro grigio e nero. ITALIA, LA GREAT RESIGNATION NON SI FERMA Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, i primi sei mesi del 2022 hanno visto un milione di persone lasciare volontariamente il proprio lavoro in tutti i settori (+32%), coinvolgendo in questo terremoto più del 60% delle aziende ( vedi Tabella 3 ). E non è tutto: il fenomeno delle grandi dimissioni non accenna a fermarsi, avendo fatto registrare nel primosemestredell’announconsistente incremento rispetto agli anni precedenti: +22% e +28% rispetto ai corrispondenti periodi del 2021 e del 2019. Ma quali sono le motivazioni che spingono a fare il grande salto? Da una ricerca dell’ Osservatorio Hr Innovation Practice del Politecnico di Milano, pubblicata a maggio 2022, emerge che chi cambia lavoro lo fa principalmente per cercare benefici economici (46%), opportunità di carriera (35%), per una maggiore salute fisica o mentale (24%), per inseguire le proprie passioni personali (18%) o più flessibilità dell’orario di lavoro (18%). Per l’Associazione italiana direzione del personale (Aidp) le grandi dimissioni sono anche il segno del solco economico, sociale e culturale che si è creato tra la generazione dei Baby boomer, ormai al vertice delle aziende, e i loro eredi: i Millennials e la Generazione Z, più attenti alla ricerca di un equilibrio tra lavoro e tempo libero. I NUMERI DELLA GREAT RESIGNATION 60% 75% 46% 24% 18% l e a z i e n d e c o i n v o l t e d a l f e n o m e n o d e l l e d i m i s s i on i v o l o n t a r i e l a p e r c e n t u a l e d e l l e r e a l t à c o l t e d i s o r p r e s a l e p e r s o n e c h e s i d i m e t t o n o p e r c e r c a r e m a g g i o r i b e n e i c i e c o n o m i c i c h i l a s c i a i l p r o p r i o p o s t o d i l a v o r o p e r m i g l i o r a r e l a p r o p r i a s a l u t e i s i c a e m e n t a l e p e r a v e r e p i ù l e s s i b i l i t à r i s p e t t o a l l ’ o r a ri o d i l a v o r o Fonti: Osservatorio sul precariato dell’Inps, Osservatorio Hr Inno- vation Practice, Centro ricerche Aidp

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