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GIU. LUG. 2018 20 Rosanna Marziale punto di forza. Io ho donne, gay, stranieri, la mia cucina è un melting pot, una scuola di vita per i giovani che arrivano. La mattina ascoltano musica, c’è serietà, concentrazione ma nessun pregiudizio. Le donne che devono lavorare in cucine per il 95%maschili subiscono ogni tipo di angherie, devono vestirsi da uomo per non avere problemi, vengono verbalmente abusate” dice Viviana Varese di Alice (Milano). Tutte unanimi nel sostenere in- vece che una “mano” femminile non esiste. “Vivo la cucina come un grande luogo di libertà. L’ospi- te di un ristorante molto spesso non vede chi cucina. Il cuoco può essere alto, basso, bello, brutto, simpatico, antipatico, uomo o don- na. L’unica cosa che conta è se un piatto è buono oppure no” sostiene Antonia Klugmann, fresca dalla grande rinuncia a un’altra edizione di Master Chef dal suo ristorante l’Argine di Vencò. “La differenza sostanziale è che una donna se si dedica alla carriera deve fare delle rinunce. Essere a capo di una cucina è un lavoro che mette alla prova fisicamente, si sta ore in piedi, ed è difficile gestire una famiglia” dice Rosanna Marziale, stellata de Le Colonne di Caserta. UN AFFARE DI FAMIGLIA Luci e ombre dunque, ma come mai in Italia, Paese che non bril- la per la parità di genere, ci sono più stellate del resto del mondo? “Sono quasi tutte in ristoranti di famiglia, nemmeno una è assunta da un albergo o da investitori che consentono di creare un brand (Ro- mito, Bertolini), perché si dà per COVER STORY scontato che una donna non abbia competenze manageriali. Quando invece il primo chef a ottenere tre stelle è stata una donna, la Mère Brazier, maestra di Paul Bocuse” dice Varese. “Per avere lo stesso risultato una donna deve lavorare il triplo – dice Cristina Bowerman – e aspettarsi molte più critiche. Il maschilismo c’è ovunque, rispetto agli altri Paesi però in Italia manca la possibili- tà di difendersi dai piccoli grandi soprusi, sul lavoro e non. Negli USA se chiedi aiuto di solito vie- ni ascoltata, non ridicolizzata. E poi è necessario fare gruppo, tra donne, come dimostra la campa- gna #Metoo: nel momento in cui le donne si uniscono possono met- tere in ginocchio i mostri sacri. E questo vale in ogni campo. Le cose stanno iniziando a cam- biare ma le prime che devono imparare a fare rete sono le donne, sapere che abbiamo diritto a scelte e opportunità, ma senza esclusioni di sorta”. “Sono da sempre nel ristorante di famiglia che esiste da 60 anni, non era scontato ma mi sono appassionata. Ho ricoperto tutti i ruoli: cameriera, maître, sommelier, barista. Ho fatto stage formativi da Gianfranco Vissani e Martin Berasategui, per imparare l’organizzazione del ristorante. La stella è mia, è arrivata dopo un bel po’ di tempo, quando ci siamo concentrati a lavorare per far felice il cliente. Non ho mai considerato stare a Caserta un limite, ma viaggiando ho capito che in parte lo è. La stella ad esempio è stata un po’ un problema perché molti pensano che equivalga a una cucina gourmet in cui si mangia poco”. Rosanna Marziale: “è stata dura convincere il cliente e i sacrifici sono continui”. Le qualità per riuscire Curiosità (Ceraudo), libertà (Varese), testardaggine (Bowerman), entusiasmo e identificazione con il lavoro (Klugmann), determinazione (Marziale): sono questi i tratti del carattere che hanno permesso alle chef intervistate di emer- gere, con un denominatore comune: la passione, senza la quale questo lavoro non si può fare.

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