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GIU. LUG. 2018 24 è all’82° posto sotto il Ruanda e le Fi- lippine. Secondo il Mothers’ Index italiano a 3 indicatori - cura, lavoro, servizi - diven- tare madre nel nostro Paese significa ancoramettere a rischio lapropria con- dizione economica, sociale, professio- nale, discrimine che puòulteriormente peggiorare a seconda della regione di provenienza: il 37% delle mamme tra i 25 e i 49 anni risulta inattivo (il nu- mero sale al 44% se si prende in con- siderazione la fascia d’età 15-64). Nel primo anno di vita del figlio, il 14% abbandona il lavoro. Ma il punto non è solo il mantenimento del posto ma anche l’accesso al mercato del lavoro e la vexata quaestio della connessa retri- buzione: il «pay gender gap», sulla carta abolito, vede l’Italia al 103° posto per disparitànelreddito,considerandoogni giorno lavorato, nonostante le donne superino gli uomini: 512minuti contro i 453 di un collega. Quasi 30.000 donne si dimettono per- ché non riescono a conciliare un figlio (sotto i 3 anni) con il lavoro,magari per mancato accesso all’asilo nido (in Italia solo il 12,6% dei bambini frequenta un nido,il45%deiComuninonoffrealcun servizio pubblico). Discorso analogo del 61%) e un welfare che non riesce a sostenere le donnemadri di famiglia. Nonostante l’articolo 37 della nostra Costituzione accordi alle lavoratrici gli stessi diritti dei ‘colleghi’ dell’altro sesso, in Italia resiste un forte «gender gap», termine che raggruppa tutte le differenzecheriguardanolecondizioni economiche, sociali, di istruzione e ac- cessoal lavoro, e che seguono il genere sessuale di appartenenza. Secondo il Global Gender Gap Report 2017, rapporto annuale pubblicato dal World Economic Forum che analizza la situazione Paese per Paese, l’Italia 2021 si avrà l’aggiunta prima di 15€ e la rimanenza di 20€ nel dicembre 2021». In ogni caso: «In accordo coi sindacati, gli aumenti non saranno retroattivi». Altre novità: «Il valore della trattenu- ta pasto aumenterà gradualmente di 0,20€ per ogni anno di vigenza del CCNL; per quanto riguarda invece il sistema di orario multi periodale le aziende potranno articolare l’orario di lavoro oltre le 40 ore fino a 48 per un massimo di 20 settimane con recupero inaltrettantesettimanediminorlavoro. Ognilavoratoregiàinforzapuòusufru- ire di 104 ore di permesso: 72 a dispo- sizionedelle imprese, 32del lavoratore – specifica Zambelli – mentre le ore di permesso,perineo-assuntiscatteranno dopo4anni anzianità». Cambiaanche il numerodi apprendisti richiedibili dalle imprese (incentivo all’assunzione dei giovani, dati i contributi agevolati): «Che diventano 3 ogni 2 qualificati». Per quanto riguarda il settore, chiosa Zambelli: «C’è molta offerta, e anche molta domanda: il pubblico esercizio è un settore con ottimi margini, con orari e turnazione notevole, aperti 7 giorni su 7 e inmedia 12 ore al giorno». La turnazione, però, continua «garan- tisce alle donne, con il part-time, di poter lavorareecontemporaneamente seguire la famiglia», anche se «non ci sono specifiche novità sull’occupa- zione femminile; speriamo di poter attingere a fondi welfare (per l’asilo nido, doposcuola). Il contratto è un passo avanti, bisognerà vedere come il Governo intenderà la questione di questi fondi». MATERNITÀ E WELFARE Dall’ultimorapportoSaveTheChildren emerge la fotografia di un’Italia in cui le donne diventano madri sempre più tardi -piùomenoa32anni –chehanno sempre meno figli (in media 1,3 nel 1970 erano 2,4). Donne che “a causa” della condizione, diventare mamma, sonocostrettearinunciareallavoroe/o altempolibero(siamoalpenultimopo- stoper tassodi occupazione femminile dell’Unione Europea, 49%, penultimi dopo la Grecia, la media europea è Antonella Zambelli Donne, uomini e lavoro: il caso Paesi nordici Negli ultimi decenni Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia hanno investito in misura crescente in assistenza ai bambini sovvenzionata, congedo parentale retribuito per madri e padri. Datori di lavoro e sindacati hanno con- sentito ai lavoratori di optare per orari di lavoro flessibili e adatti alle famiglie. Questo pacchetto di misure ha contribuito a ridurre le disparità di genere nell’occupazione, rendendole ora le più ridotte dell’OCSE-Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (il 4% rispetto alla media del 12%). Le madri hanno più probabilità di svolgere lavori a tempo pieno, le coppie tendono a condividere il lavoro retribuito e non retribuito in modo più equo. Le politiche favorevoli alla famiglia introdotte negli ultimi 50 anni, e il conse- guente aumento dell’occupazione femminile, hanno stimolato la crescita del PIL pro capite tra il 10% e il 20% secondo il rapporto OCSE 2018 (l’attuale PIL sarebbe inferiore tra i 1.300 € in Finlandia e i 7.600 € in Norvegia, se i tassi di occupazione femminile fossero rimasti ai livelli precedenti). Anche in Italia si potrebbe ripartire dall’accesso agli asilo nido nei Comuni, implementando i nidi aziendali, supportando politiche per la condivisione dei carichi di cura, congedo parentale e paternità. IN PROFONDITÀ

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