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Mar zo/Aprile 202 3 1 7 MAGAZINE Secondo Mina Novello , autrice di numerosi libri e ricettari sulle erbe del Biellese, “c’è una gratificazione personale nel procurarsi da sé ciò che poi si cucinerà. Poi c’è il contatto con la natura, la camminata, l’aria aper ta, tutti aspetti salutari , e la conoscenza del pro- prio territorio. Si impara a osser vare , non a vedere , ci si concentra sul piccolo, non sul grande , e questo aiuta la concentrazione”. Le erbe selvatiche sono più buone? “Hanno un aroma, un gusto, una consistenza , una duttilità che le ver- dure acquistate non hanno – spiega l’autrice - sono qualcosa di nuovo e diverso, valido e appetibile che val la pena conoscere”. Altro vantaggio è la loro presenza in tutta Italia: “ tra una regione e l’altra ci sono erbe diverse ma anche la stessa pianta che si chiama in vari modi – continua Mina Novello - Il nome dialettale , popolare , a volte è fuor viante , ma la tradizione contadina della raccolta delle erbe spontanee esiste ovunque”. A Moreno Cedroni si illuminano gli occhi quando par- la delle sue “escursioni” nel foraging, nelle colline die- tro al bistellato Madonnina del Pescatore di Senigallia. “Raccogliamo senape e tanta or tica, borragine , i fiori blu sono magnifici”. Il foraging non si improvvisa ma non è nemmeno una cosa così strana: gli ingredienti usati in cucina non sono forse tutti frutti della natura? “Un giorno, giocando a golf, ho visto un Laetiporus sulphureus (fungo anche detto pollo dei boschi), dopo che ne avevo pulito uno il giorno prima al lavoro. È stata un’illuminazione: ho capito che gli ingredienti selvatici non erano cose folli e irraggiungibili, bastava trovarsi nel posto giusto al momento giusto”, ha detto Alan Bergo , chef americano autore di The Forager Chef ’s Book of Flora. E allora? Pronti e via! Come iniziare “La conoscenza delle erbe spontanee avviene attra- verso l’esperienza – spiega Novello –, ci si può anche affidare ai libri ma un conto è vedere una fotografia statica presa in un certo momento dell’anno, altro conto è vedere un’erba dal vero. Andrebbero anzi osser vate in due stagioni: in primavera, quando sono pronte da raccogliere, e più avanti quando fioriscono”. La cosa importante quando ci si approccia a questi tipi di raccolta è non pretendere di imparare a riconoscerle tutte subito: “meglio cominciare con quattro o cinque piante, per evitare di fare una grande confusione”. Magari scegliendo quelle della tradizione locale, spesso presenti anche nelle ricette più tipiche. “Io prima faccio i sopralluoghi , mi creo una car tina geografica in testa dove so più o meno dove muovermi per trovarle… la conoscenza delle nonne di una volta – spiega Susigan -. Cerco posti puliti e integri, un po’ defilati, lontano da strade e sentieri frequentati, anche in montagna. È essenziale il rispetto per gli abitanti del luogo, c’è un’etica da seguire: si raccoglie in prati non coltivati, con rispetto per la natura e le persone, non va fatta una raccolta massiva, è impor tante non estirpare le radici. E , se ci si trova in un luogo privato, si chiede il permesso”. Mina Novello , autrice
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