QUALITALY 140
31 MAGAZINE G iugno/Luglio 2024 lori aggiunti (origine , free from, indicazioni geografiche tipiche , ecc.) funzionali all’operatore per comunicare la qualità delle pro- prie scelte e del proprio lavoro”. CIC, oltre a operare con distribu- tori locali in tutta Italia, sommi- nistra periodicamente dei que- stionari per monitorare l’indice di gradimento dei propri prodot- ti , usando il valore quali tativo delle risposte come strumento di miglioramento. Proporre qualità al giusto prezzo è dunque possibile e ripaga in termini di reputazione , f ideliz- zazione e crescita. I dati sul mercato retail rilevano ormai da anni che i consumatori ap - prez zano prodotti locali , a denominazione d’origine e bio considerati più sani , affidabili e frutto di metodi produttivi rispettosi dei territori , quindi più sostenibili. I tre concetti sono spesso collegati a livello pro- duttivo e valoriale e sono ricercati anche nelle esperienze fuori casa. Molti operatori dei pubblici esercizi lo hanno capito, infatti da una ricerca realiz zata da Ismea, con la collaborazione di Fipe e Assobio, su un campione di 2000 pubblici esercizi risulta che già il 55% dei bar e il 68% dei ristoranti acquistino prodotti biologici con un’incidenza sulla spesa complessiva di approvvigionamento rispettivamente del 20 e del 33%. Il biologico nell’AFH lo scorso anno ha raggiunto un giro d’affari di 1, 3 miliardi di euro; tolta la spinta inflattiva, risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2022 . Le prime tre motivazioni a guidare i bar verso l’acquisto di alcuni pro - dotti biologici riguardano la possibilità di offrire una scelta più ampia al cliente (55,4%), ser vire cibo più salutare (28, 3%) e qualificare l’offer ta (27,1%). Gli acquisti si concentrano soprattutto su latte (che raggiunge una quota di quasi il 26% sul totale referenza), succhi di frutta e vino con una media di 11 etichette bio su 28. Per quanto riguarda i ristoranti , oltre la metà ritengono che la scelta di prodotti bio rappresenti un elemento di qualificazione dell’offer ta, la seconda motivazione è legata alla volontà di proporre ai propri clienti piatti più salutari (46, 2%), mentre al terzo posto si colloca il driver etico e ambientale (31%). Verdura, olio, frutta e vino (con un’incidenza di 11 etichette bio su 50) sono le referenze più acquistate. Gestire un’intera offer ta bio viene considerato troppo complesso sia per l ’approvvigionamento che per i maggiori costi che vanno poi ri- versati sui clienti , ma l’integrazione con alcune referenze è sufficiente a stimolare un riscontro positivo nel percepito del bar o del ristorante da par te degli utenti. Anche i consumatori internazionali apprez zano l’italianità nel cibo ed esperienze enogastronomiche legate ai territori della Penisola, del resto il Food Ser vice Market Monitor 2023 di Deloitte rileva l’apprez zamento per la cucina italiana, che ha raggiunto a livello globale un fatturato di 228 miliardi di euro (+11% su base annua). Il mercato della ristorazione in Italia è il sesto al mondo con un valore di 75 miliardi di euro. “Per mantenere competitività e crescita – afferma Tommaso Nastasi , Value Creation Ser vices Leader di Deloitte – il Foodser vice dovrà basarsi su aggregazioni e par tnership che valoriz zino il territorio e le sue eccel- lenze imprenditoriali e adeguarsi alle nuove preferenze dei consumatori, prediligendo opzioni più vegetariane e plant based e puntando sulla customer experience attraverso l’uso di strumenti digitali”. Italiano, local e bio, inserirli nell’offerta è premiante
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