TUTTO FOOD

mag.it Alle denominazioni italiane si affiancano produzioni di fascia premium che cercano un riconoscimento di valore attraverso la tracciabilità dell’origine delle olive e la certificazione di sostenibilità Nonostante la produzione olearia italiana sia ben lontana dal soddisfare la doman- da interna, i principali marchi nazionali cercano di valorizzare l’extravergine na- zionale con linee dedicate. Si punta sulla qualità, non sulla quantità con un chiaro focus su sostenibilità e salutismo. Sebbe- ne le stime dell’ultima campagna registri- no un leggero aumento, da 250 a 300mila tonnellate di olio extravergine di oliva, re- stiamo ben distanti dalle 500mila di una decina di anni fa. La competizione oggi si misura con un linea battente bandiera tricolore, ma strettamente legata al territo- rio di produzione. Si fanno i conti con la globalizzazione armati di scudi identitari. Lo ha fatto Zucchi con l’olio evo 100% italiano da filiera certificata sostenibile, lo sta facendo Farchioni con Olivicoltura Eroica, prodotto di sole cultivar italiane di oliveti ultracentenario o situati su penden- ze superiori al 30%, su terrazzamenti, in piccole isole o sopra i 500 metri. Zefferino Monini, sull’esempio del settore lattiero, si sta facendo promotore della richiesta di usare anche per l’olio extravergine d’oliva italiano la categoria “Alta Qualità” che si affiancherebbe alle denominazioni Dop e Igp per posizionare la bottiglia su una fa- scia premium di mercato. Metodo produttivo e parametri stringenti Anche Salov con il brand Filippo Berio, commercializzato in Italia dallo scorso anno, ha avviato un progetto di tracciabili- tà e di valorizzazione della filiera, non solo italiana, rispetto alla quale è stato presen- tato una referenza specifica, ma europea. L’olioevosicolora digreen edesalta il territorio 47 NEL PUNTO DI VENDITA Speciale A tutto food

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