15 Ottobre 2013
Leggendo il nuovo Rapporto Coop l’impressione che ne ricava è piuttosto inquietante.
Sembra infatti di essere piombati a pie’ pari nel peggior incubo di Bill Murray, protagonista – nel lontano 1993- del film “Ricomincio da capo”. A lui toccava risvegliarsi ogni giorno, per rivivere gli eventi del giorno prima, sempre uguali a se stessi. Fotocopia impietosa e assillante. E all’Italia ritratta nel rapporto 2013 non pare vada molto diversamente: rivive anche quest’anno senza variazioni eclatanti (fatta eccezione per qualche lieve aggiustamento – ahimè- in peggio)la situazione socio economica che già aveva caratterizzato gli anni precedenti.
E un rapido raffronto con il rapporto Coop 2012 (solo per limitare il campo) convincerebbe anche i più scettici.
Di fatto c’è ben poco di nuovo sotto il sole: l’Italia non accenna a uscire dalla crisi.
Sul fronte consumi, in Europa siamo tra i fanalini di coda… “migliori” solo rispetto ai Pigs.
La disoccupazione si riconferma uno dei nostri talloni di Achille (ha toccato il 12% nei primi mesi del 2013, ai massimi dal 1977); a preoccupare è specialmente quella giovanile che negli ultimi anni ha avuto un incremento di 741 mila unità.
La pressione fiscale si attesta al 44%, la diminuzione del reddito disponibile reale nell’arco di 6 anni supera il 10% e il 28% delle famiglie è a rischio povertà, mentre sono 3 milioni gli italiani che non possono permettersi consumi di carne e si vedono quindi costretti a ridurre l’apporto proteico nella loro dieta. E si accentua in forma preoccupante il divario sociale che contrappone gli italiani poveri (e sempre più poveri) agli italiani ricchi, ricchissimi, praticamente nababbi. Insomma, un avvitamento economico e sociale che non lascia attualmente molto spazio a prospettive più rosee.
La famiglia “made in Italy”
E in questo scenario che si rinnova, ormai puntualmente, ogni anno, altrettanto puntualmente si riaffaccia una famiglia che- se 4-5 anni fa poteva ancora essere definita nuova e atipica- oggi invece non sorprende più. Anzi, ormai a questo nucleo familiare ci abbiamo fatto l’abitudine: è sempre meno numeroso (la media è di 1,4 figli per donna, mentre i figli unici toccano quota 47%) caratterizzato da un’età media più elevata (79,4 per gli uomini, 84,4 per le donne) e da un’aspettativa di vita di 10 anni più lunga. Ma anche da genitori meno giovani di un tempo e da figli “bamboccioni” che continuano a vivere da mammà persino da adulti (59%).
E anche i consumi continuano a percorrere la stessa china del recente passato: risparmio, promozioni e rinunce sono ormai un leit motiv.
Sul voluttuario (o inteso tale) si taglia. E si spiega così il tracollo registrato nell’ultimo anno dai vini (-4%), dagli aperitivi (oltre il -5%), da superalcolici, amari e liquori che flettono del 3% e oltre, oppure dal comparto caffè-tè-cacao che in sei anni ha avuto una flessione a valore procapite del -21%. Più in generale, comunque, si tende al risparmio su tutti i generi alimentari (baby food incluso) per cui nel 2013 si è speso pro capite 2.116 euro: la cifra più bassa dagli anni ’60 del secolo scorso. E se il mercato immobiliare ha fatto registrare un -40% tra il 2011 e il 2013, anche la spesa per la manutenzione dell’abitazione è ferma: siamo ai livelli del 1978.
Fortunatamente per i salutisti, questo stallo non ha risparmiato neanche il fumo tornato ai livelli del 1973, con un calo del 14% nell’ultimo biennio.È il sexual entertaiment, invece, ad andare in controtendenza: +6,4% con punte del +8% per Viagra e simili. Non sorprende più di tanto: in un’epoca di acclarata impotenza economica occorre un surrogato, una forma di autoaffermazione che lusinghi la dignità dell’individuo. Da qui alla pillola blu il passo è breve…
Logica simile è sottesa al boom della navigazione virtuale su web: spostarsi costa troppo (anche grazie ai rincari carburante sempre dietro l’angolo)?
Ecco pronto il surrogato: la mobilità su web.
Così oggi sono 29 milioni i navigatori attivi ogni mese e 23 di loro utilizzano tablet e smarthpone (in crescita di 10 milioni di unità vs 2012). E 10 milioni di loro hanno invertito già il processo di acquisto: vedono il prodotto in negozio, ma lo comprano online (questo succede specialmente per l’abbigliamento: +41% e per i prodotti tecnologici: +19%).
In questo scenario la tendenza più spiccata è quella verso consumi gratuiti: meno cinema, teatro e musei, più Tv, social media, social network e internet.
Questa tendenza ha però un altro lato della medaglia: la crescente penuria porta un numero sempre più cospicuo di persone a tentare la sorte, a sfidare la dea bendata.
E oggi tocca il 47% la quota di italiani tra i 15 e i 64 anni che ha giocato almeno una volta, mentre sono 3 milioni quelli a rischio ludopatia.
Le scelte alimentari degli italiani
È l’81% degli italiani ad ammettere di aver cambiato abitudini alimentari a fronte di una media europea del 63%. Insieme agli spagnoli (84%) siamo in questo senso i più “rivoluzionari”. Perché la crisi ci ha condizionato pesantemente.
Il risultato è che il 54% compra solo l’essenziale, il 30% ha addirittura ridotto gli acquisti, mentre il 21% è passato a marchi più economici. Segnali preoccupanti, certo, che però presentano un risvolto tutto sommato positivo: questa maggiore oculatezza ha portato a ridurre gli sprechi in maniera significativa: 50 chilogrammi in meno pro capite dal 2006 al 2012. A sorpresa, o quasi, tra le vittime illustri di questa accresciuta attitudine al risparmio è il carrello basic che flette dell’1,3% nel suo complesso, con punte dell’11,2% per il pane e del 6,1% per l’olio extravergine. Le categorie anticicliche, tuttavia, ci sono. Come il cibo etnico, ad esempio, che cresce del 6,4% o il segmento benessere con il suo + 18,6%. E su questo pare che gli italiani stiano prendendo posizione: il 67% ha infatti ridotto il consumo di alimenti con troppo sale o troppi grassi e il 14,5% ha acquistato prodotti specifici per le intolleranze.
Bene anche il biologico con un fatturato 2013 in crescita del +17% rispetto al 2011 e i prodotti a km 0, acquistati dal 45% dei consumatori.
Dettaglio e Gdo
Crisi, stallo dei consumi e nuovi abitudini impattano con forza crescente sulle vendite. Si vede chiaramente tanto nel dettaglio alimentare, che dall’inizio della crisi ha perso l’1,5% di rete vendita, quanto nella GDO dove le vendite flettono tanto a volume quanto a valore.
«Uno scenario che non lascia molto spazio all’ottimismo» – commenta Marco Pedroni, presidente di Coop Italia.«Aggravato da un dato impressionante: neppure a rete costante si è registrata crescita alcuna».
E le previsioni per il futuro non tendono certo al bello: all’orizzonte si profila un’ulteriore contrazione dei volumi. La stima di Coop per il prossimo anno è infatti di un ulteriore -0.5% nel food e -6,1% nel non food su una base 2013 già in significativa contrazione. Ora poi che sui consumatori si è abbattuta anche la temuta spada di Damocle dell’incremento delle aliquote Iva, sarà veramente dura tirar su la testa…
E questo nonostante ad oggi i prezzi nel nostro paese si siano impennati molto meno che nel resto d’Europa. «Grazie alla distribuzione- sottolinea Pedroni – che ha rinunciato ben più dell’industria alla propria redditività. Come dimostra il delta del 6,6% tra l’una e l’altra (tav. pag 16). Il mio auspicio è che si esca da questa unilateralità, facendo un patto di filiera che porti l’industria a ridurre i prezzi e i margini in percentuale -scommettendo su un possibile aumento dei volumi – e che consenta alla GDO di trasferire ai consumatori un vantaggio concreto. Ritengo sia questa l’unica strada percorribile se si vuole veramente far ripartire i consumi».
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