01 Agosto 2014
L’hamburger è una delle mode alimentari del momento. Ma scordatevi gli anni ’80, i paninari, il loro bizzarro abbigliamento e i neologismi anglo-maccheronici che hanno caratterizzato quella breve stagione ormai consegnata alla memoria. Oggi, dopo 30 anni di fast food, di catene a stelle e strisce, con qualità standardizzata verso il basso, calorie e zuccheri a gogò e tanti dubbi dell’uomo della strada sulla provenienza e la salubrità di quanto finisce tra due fette di pane in quei locali, tutti uguali l’uno all’altro, oggi l’hamburger ritorna in una dimensione nuova, che raccoglie spunti e suggestioni dall’alta cucina internazionale, si nutre della sovraesposizione mediatica di chef stellati, diventa medium attraverso il quale trasferire a un pubblico ampio concetti quali ricerca della materia prima, biologico, massima libertà nella creazione di nuove ricette, tra etnico e localismo spinto. In due parole l’hamburger gourmet.
In principio fu un “paninaro” di New York a inventare l’hamburger più caro del mondo, farcito con foie gras e caviale: era il 2000, la crisi economica globale era uno spettro di là da venire, aveva inizio la corsa del mercato mondiale verso il più caro, il più appariscente. Molto tempo più tardi, alla nostra latitudine, l’hamburger gourmet debuttò in Italia quando Gualtiero Marchesi, icona della grande tradizione culinaria nazionale, firmò un panino per la multinazionale dell’hamburger Mc Donald’s, sdoganando il connubio, solo pochi anni prima considerato eretico, tra chef di rango e hamburger. Da quel momento in poi è stato un fiorire di creazioni da parte di esponenti della new wave culinaria tricolore: ognuno ha messo tra due fette di pane la propria essenza, la propria filosofia. Tanto che è stato pubblicato un libro intitolato “Hamburger all’italiana” che raccoglie ricette e ha una prefazione di Joe Bastianich, con una delle sue sentenze lapidarie: “L’Italia è il solo Paese capace di rendere giustizia all’hamburger”.
Oggi Milano è la capitale italiana dell’hamburger, anche in versione gourmet. «È la città più cosmopolita d’Italia - dichiara Massimo Sassi, titolare di Agenzia Lombarda - ed è aperta a tante influenze di tradizioni alimentari diverse provenienti da tutto il mondo, forse perché la nostra cucina tipica non è sopravvissuta». Agenzia Lombarda dal 1929 fornisce alimentari all’ingrosso per il canale fuoricasa, quindi è un punto di osservazione privilegiato per comprendere le nuove tendenze sulla piazza meneghina. «L’hamburger gourmet - prosegue Sassi - è un fenomeno in crescita, magari durerà lo spazio di poche stagioni, ma sta dando una ventata di novità in città. Noi vendiamo a questi locali la carne Usa, in particolare sottofesa di black angus, che è perfetta per questa preparazione, perché è infiltrata di grasso, quindi più morbida e saporita. Alcuni nostri clienti si sono dotati di tritacarne professionali e con quelli macinano ogni giorno e preparano gli hamburger freschi, così possono variare i tagli e le aromatizzazioni. Anche se un po’ impegnativo, quello del tritacarne professionale è un investimento che si ripaga velocemente».
I fattori di successo dell’hamburger gourmet sono molteplici. Alcuni riguardano l’offerta di questi locali, che puntano su carni da razze pregiate (chianina, fassona, limousine), da animali secondo i dettami dell’allevamento biologico, pani artigianali, salse autoprodotte e verdure fresche, spesso a chilometro zero, formaggi di alta qualità. L’abbinamento preferito è con la birra artigianale, magari italiana, anche se alcuni locali puntano pure su buone bottiglie di vino. Banditi ketchup, maionese, soft drinks delle multinazionali, tutto è rivisto in un’ottica gourmet e tailor made. Altra peculiarità, il servizio al tavolo, qui presente e assente nei locali delle grandi catene multinazionali del panino. Accomuna fast food e panino gourmet il piacere di mangiare con le mani, in modo informale, e il target, anche se la differenza di prezzo (gli hamburger gourmet vanno dagli 8 agli oltre 20 euro) “seleziona” la clientela.
IL CONCEPT Mucche e Buoi: la carne è di casa
Un concept che valorizza la tradizione di una famiglia di macellai da tre generazioni e lo trasferisce a Milano dalla Campania. Mucche e Buoi offre un hamburger con grandi dosi di italianità, dalle carni, macinate fresche e offerte in tre taglie (M, L, XL con polpetta da 500 grammi), con contorno di patate e accompagnate da una buona selezione di bottiglie di vino. «Abbiamo creato un locale accogliente - spiega Giovanni Borrelli, il titolare - con un’atmosfera familiare e una grande attenzione alla qualità e ai dettagli». Con 120 coperti, Mucche e Buoi porta il panino gourmet nel tradizionale ristorante all’italiana.
L’OPERATORE Da Ham il burger è di qualità
Fornire hamburger surgelati di qualità per evolvere l’offerta di pub e pizzerie: la missione di Ham, azienda campana specializzata nella distribuzione di polpette premium, è perfettamente accordata con le tendenze del mercato. «Con i nostri prodotti - dichiara il titolare, Salvatore Russo - i locali possono affiancare alla solita linea di panini una gamma di prodotti di alta qualità, da carni nazionali e dai migliori tagli internazionali, senza additivi, con hamburger che restituiscono il gusto pieno della carne». Ham propone hamburger surgelati, che offrono ai locali la possibilità di espandere il proprio business, senza grandi investimenti, con una buona dose di servizio aggiunto.
LA SCELTA DEL TERRITORIO Meet il meglio della food valley nei panini
Neanche Parma, capitale della food valley italiana, è indenne da questa tendenza. Nella città famosa per i suoi prodotti alimentari, l’hamburger di Meet si intride di tipicità, sposa la carne biologica di Gotra di Albereto sull’Appennino parmense, il Tartufo Nero di Fragno, si fa bio e a km 0, come nella collaborazione con il Podere Stuart che fornisce gli ortaggi freschi o nella Spalla Cotta di San Secondo, ingrediente per alcune preparazioni. «Siamo a chilometro zero - dichiara Paolo Cerri, uno dei titolari - vendiamo prodotti biologici e del territorio. Seguiamo la stagionalità e ci ispiriamo, per le ricette, alla nostra tradizione alimentare». Meet, che ha 60 coperti, piace a un target eterogeneo che va dai 20 ai 70 e più anni, catturato dalla formula e dalla sicurezza delle materie prime di qualità utilizzate. «Non poniamo limite alla fantasia per i nostri panini - conclude Cerri - se non la cura per gli ingredienti provenienti dal territorio». Anche l’hamburger può diventare local e no global: chi l’avrebbe mai detto?
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