30 Giugno 2015
Gastón Acurio venerdì scorso con Daniel Canzian, al ristorante Daniel di Milano, per presentare il suo menu peruviano che sarà possibile gustare fino al 2 luglio. Per lo chef sudamericano la cucina è uno strumento per diffondere cultura, ma anche la più importante arma di pace. "Il cibo è l’arma di pace più potente che ci sia", ha spiegato Gastón Acurio a Identità Expo davanti a una platea incantata dalle sue parole. Le stesse che avevano rapito il cuore anche al Nobel per la letteratura 2010, Mario Vargas Llosa, catturato dal sogno di questo chef-condottiero che ha cambiato la sua terra e promette di cambiare un po’ anche la nostra: "Viviamo in un Paese con tanti limiti e difetti. Ma tra le mani di questo signore, la nostra cucina diventa una delle più ricche del mondo. Nessuno ha fatto così tanto per il Perù come Gastón Acurio".
Un cuoco rivoluzionario, insomma. Classe 1967, da oltre 20 anni "cerca di dotare di spina dorsale un Paese slegato nelle sue variopinte tradizioni geo-gastronomiche", ha scritto Gabriele Zanatta. Lo ha fatto - con la sposa tedesca Astrid – all’Astrid y Gastón, ristorante di Lima ora numero 14 al mondo. Oggi continua l'opera con una lunga serie di insegne di cocina peruana aperte negli anni un po’ ovunque.
Lui conferma e contestualizza, di fronte ai nostri taccuini: "Il nostro è il Paese della (bio)diversità. Noi puntiamo sulla cucina non solo per far assaggiare i nostri piatti, ma per far conoscere la cultura sulla quale sono basati. Il Perù è un Paese multiculturale, che ha trovato nel cibo il proprio punto di unione, la bandiera identitaria. Ci siamo messi in testa di far sapere quanto sobbolliva da sempre nelle nostre case, ma sembrava non avere alcuna dignità. Ci siamo ribellati alla contraddizione di un Paese ricchissimo, ma con tantissimi poveri. E poi non abbiamo voluto accettare l’idea che nella nostra cucina non ci fosse nulla di buono. Abbiamo messo insieme cuochi raffinati, ma anche quelli di strada. Noi anche prima d’ora avevamo professionisti molto bravi, ma che venivano surclassati da quelli europei perché erano abituati a seguire i dettami di una cucina straniera".
Fonte: Identità Golose
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