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11 Novembre 2013La tenuta in cottura è sempre stata una criticità in cucina. Ora la cultura del riso si è diffusa nella ristorazione e, grazie anche alle varietà a disposizione, questo cereale è un ingrediente essenziale per molte preparazioni
Nell’agroalimentare, in tema di riso siamo in testa alla classifica. È infatti tutto italiano il primato di più importante produttore europeo di riso, con un consumo annuo pro capite costante nel tempo, che oscilla dai 5 chili nel Meridione, per arrivare ai 10 kg nel Nord Italia. Una variazione importante, certo, perché la tradizione della pasta al Sud è fortemente radicata, ma con sempre maggiore apprezzamento del riso anche in queste zone, anche a seguito dell’aumento dei celiaci, che invece tollerano perfettamente il riso nella loro dieta. Un aspetto che i ristoratori sempre più dovranno tenere in considerazione.
Fra le varietà di riso bianco, il più apprezzato in ristorazione è il Carnaroli - seguito da Arborio e Vialone - ideale per tenuta in cottura, resa nel piatto e per i chicchi grandi e compatti che assorbono perfettamente i condimenti.
Il problema, semmai, sta nella preparazione e cottura del riso, considerato con un certo sospetto dai cuochi sia per la durata della cottura, sia per la temuta perdita della consistenza “al dente”, indispensabile in ogni buon risotto.
«In effetti una certa resistenza si incontrava, ma oggi sempre meno - dice Palmiero Saba, direttore Riso Scotti Foodservice - perché da una decina di anni a questa parte nel mondo del riso c’è stato un grande cambiamento di mentalità.
Anche nelle zone dove il riso è sempre stato utilizzato, fino a una decina di anni fa in ristorazione si usava molto il parboiled per una questione di praticità. Ora fortunatamente, merito dei grandi cuochi, delle scuole alberghiere e un po’ anche di noi produttori, la cultura del riso è cresciuta, in parallelo alla gamma di moltissime aziende, fra cui Riso Scotti. Così finalmente, da Nord a Sud, nella maggior parte dei casi lo chef sceglie il riso giusto in base allo specifico utilizzo, preferendo i nostri Carnaroli, gli Arborio o il Vialone Nano per i risotti, mentre apprezza una serie di chicchi speciali come il Parboiled oppure l’integrale Gran Nero, o l’Arlecchino (tre tipi differenti di risi mixati) o il riso rosso Ermes per le insalate o altri usi specifici, ad esempio come accompagnamento alle pietanze».
Dello stesso parere Mauro Guarnaccia, Direttore Out of Home Riso Gallo: «La cultura del riso si sta elevando anche in zone non strettamente legate a questa tradizione. In generale, comunque, il cuoco ha bisogno di un prodotto con caratteristiche che rispondano a specifiche esigenze professionali, oltre che a parametri di qualità. A questo risponde la linea dedicata all’horeca “Riso Gallo Chef Professionnel”, di cui fa parte il Carnaroli, il nostro top di gamma. La sua lavorazione è specifica per le esigenze della ristorazione, perché subisce una sbramatura calibrata (l’operazione che leva la lolla, la ricopertura esterna del riso), che garantisce un’estrema tenuta in cottura e risotti cremosi ma sempre al dente, anche nel caso delle preparazioni con fermo cottura e ripresa della preparazione in un secondo tempo».
Proprio la ripresa della cottura può essere realizzata con due differenti modalità. «Nella prima - prosegue Guarnaccia - si effettua la tostatura e sfumatura del riso con vino fino a metà cottura circa, poi il tutto viene abbattuto e ripreso al momento del servizio, con una cottura residua di 6-7 minuti. L’altro metodo è cuocere in forno a 180°C il riso con la dose di brodo necessaria a raggiungere la metà cottura. Poi il Carnaroli va abbattuto di temperatura e ripreso a risotto con i sapori voluti, ed è pronto in 4-5 minuti. Un riso le cui performance sono in grado di convincere alla prova anche il cuoco più riluttante».
Da non sottovalutare, poi, la diffusione che stanno avendo i risi speciali come il Venere nero, oppure originari di altre culture, il Basmati, il Thai che possono essere utilizzati da soli o in combinazione per dare un tocco di originalità a molte ricette.
Ciò detto, una certa parte della ristorazione è per varie ragioni particolarmente legata all’uso del riso parboiled. Lo spiega Domenico Agosta, National account manager B2B di Colussi, cui fa capo il marchio Riso Flora, rinomato proprio per il suo parboiled. «Oltre a una forte stagionalità nei consumi, questo riso è molto apprezzato nel centro Italia, per tradizione e cultura di prodotto. In effetti al Nord e al Sud c’è un uso e una conoscenza dei risi bianchi – quelli da risotti al Nord, quelli piccoli e tondi al Sud – mentre al Centro la ristorazione è propensa all’uso del parboiled per la facilità d’uso e la sempre perfetta tenuta in cottura, indispensabile per le insalate di riso che in quelle zone vanno moltissimo. E Riso Flora risponde perfettamente alle fondamentali esigenze di tenuta, costanza qualitativa, uniformità dei grani e facilità d’uso».
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