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22 Gennaio 2014Italia sì, Italia no, Italia bum, la strage impunita… cantavano gli Elio e le Storie Tese nel 1996 a Sanremo. Oggi più che di terra dei cachi (titolo del brano), dobbiamo tristemente parlare di terra dei fuochi.
La storia odierna ha un denominatore comune con quella parodiata nella canzone di allora che parlava di problemi di mafia, corruzione e sanità presenti nel nostro Paese tracciando il profilo di un popolo di indole furba che pensa di poter farla franca sempre e comunque anche mettendo a rischio l’incolumità del prossimo.
La locuzione ‘terra dei fuochi’ venne utilizzata per la prima volta nel 2003 nel Rapporto Ecomafie curato da Legambiente. Successivamente, utilizzata nel 2006 da Roberto Saviano nel libro Gomorra, come titolo dell'XI e ultimo capitolo.
Ormai tutti conosciamo la ‘terra dei fuochi’, ovvero la vasta area situata nell'Italia meridionale, tra le province di Napoli e Caserta, caratterizzata dallo sversamento illegale di rifiuti, anche tossici, da parte della Camorra e, in particolare, dal clan dei Casalesi.
In molti casi, i cumuli di rifiuti riversati nelle campagne, o ai margini delle strade, vengono incendiati dando luogo a roghi i cui fumi diffondono nell'atmosfera e nelle terre circostanti sostanze tossiche, tra cui la diossina che è la principale causa dell’aumento esponenziale di tumori e leucemie registrati nelle zone a ridosso delle aree interessate.
Dai documenti portati alla luce in una recente inchiesta de La Repubblica, si legge che già nel 1996 la terra dei fuochi si poteva salvare. A svelarlo è Roberto Mancini, commissario della Criminalpol (oggi lotta contro un tumore che ha contratto per il lavoro svolto per conto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti) che aveva indagato sul meccanismo che ruota attorno al traffico di rifiuti tossici.
Lo aveva descritto in modo dettagliato in un'informativa consegnata alla Dda di Napoli, ma il suo rapporto è rimasto inspiegabilmente chiuso in un cassetto per 15 anni. Ci sono volute le recenti dichiarazioni dell'ex boss dei Casalesi, Carmine Schiavone, oggi pentito, a confermare in pieno ciò che il poliziotto aveva denunciato.
Nelle scorse settimane, Schiavone ha infatti parlato di un ingente traffico di scorie nucleari che sarebbero state smaltite nelle campagne del casertano. “I rifiuti radioattivi dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba”.
Da qui, il panico dei consumatori, ma anche degli imprenditori del settore ristorazione che hanno cominciato a mettere alla gogna tutti i prodotti provenienti dalla Campania.
Salviamo le eccellenze
Certo, il problema c’è ed è innegabile. Tuttavia, lo sforzo che dobbiamo cercare di fare è capire se ci sono rischi reali per la nostra salute legati al consumo di prodotti alimentari provenienti da quelle aree e, soprattutto, cercare di circoscrivere il problema alle zone realmente interessate dal fenomeno.
Uno sforzo in questo senso è stato fatto in questi giorni dal Consiglio dei Ministri che ha dato l’ok al decreto relativo alla Terra dei Fuochi per contrastare il problema dei roghi tossici in Campania, ma soprattutto per accelerare sui programmi delle bonifiche delle aree, per la maggiore parte nelle province di Napoli e Caserta, che sono state inquinate per lungo tempo dagli sversamenti illegali. Il provvedimento introduce nell'ordinamento italiano il reato di combustione dei rifiuti. È inoltre stata stabilita la perimetrazione delle aree agricole interessate e della campagna ed entro 150 giorni tutti i terreni saranno controllati.
"Il decreto sulla Terra dei fuochi approvato dal Consiglio dei Ministri è un primo dovuto passo per intervenire sulla gravissima situazione esistente in Campania – ha affermato Copagri (Confederazione dei Produttori Agricoli) - "L'introduzione del reato di combustione dei rifiuti, la perimetrazione, per circoscrivere il problema, la bonifica, non può che essere uno dei primi obiettivi affinchè il territorio campano e le sue eccellenze produttive recuperino fiducia in Italia e all'estero e acquisiscano nuovo sviluppo. Sarà importante, inoltre, tutelare tutta quella parte di territorio sicuro, e sostenere economicamente le tante aziende agricole che già stanno pesantemente pagando l'effetto terra dei fuochi".
Già, perché i dati per il comparto sono nettamente negativi. “A causa di questa vicenda e per il dubbio che si è logicamente insinuato tra i cittadini sull'assenza di salubrità dei prodotti, per la sola mozzarella di bufala tra ottobre e novembre c'è stato un calo di richieste del mercato tra il 30 e il 40% per una perdita di 20 milioni di euro - ha spiegato il direttore del Consorzio Mozzarella di Bufala Dop Antonio Lucisano - Noi siamo la Fiat del Mezzogiorno e parliamo di un comparto che dà lavoro a 15mila addetti. La nostra è un'agricoltura fondata sulle eccellenze vere, autentiche che derivano da millenni di storia, tutto questo è sostenuto da piccolissime imprese che non hanno possibilità di affrontare questa tempesta mediatica. Nel nostro piccolo stiamo facendo delle cose, ma è una goccia nel deserto in un mare di diffamazione. Il 15 novembre scorso abbiamo voluto incontrare le principali associazioni che lavorano per la difesa dei diritti dei consumatori e chiesto loro di procedere con una serie di acquisti random dei nostri prodotti. E saranno sempre queste associazioni a consegnarli direttamente a un laboratorio di analisi tedesco riconosciuto a livello internazionale che provvederà a effettuare i più sofisticati test, proprio allo scopo di dimostrare l’assoluta salubrità delle nostre mozzarelle. La nostra è una sorta di sfida che si basa sulla certezza del lavoro capillare di controllo che svolgiamo tutti i giorni a tutela della qualità dei nostri prodotti e, di conseguenza, della salute dei cittadini. Nessuno vuole negare la realtà dei fatti e girare la testa dall’altra parte, ma occorre riportare tutto sul piano della verità. E la verità è che la terra dei fuochi esiste, ma i suoi effetti non toccano minimamente i prodotti dei territori circostanti mentre qui si sta asfaltando l’agricoltura dell’intera regione campana che invece continua a produrre straordinarie eccellenze”.
Gli fa eco il Presidente del Consorzio di tutela del Pomodoro San Marzano Dop, Pasquale D'Acunzi, che vede come soluzione a questa situazione che - “rischia di ripercuotersi sul tessuto commerciale campano” – quella di evitare generalizzazioni. Poi sostenere le istituzioni in una operazione verità che porti a bloccare le coltivazioni nelle aree pericolose che vanno individuate e circoscritte.
“Dobbiamo dare ulteriori garanzie a consumatori e ristoratori – spiega D’Acunzi - Noi facciamo analisi di laboratorio continue e abbiamo ottenuto certificazioni di qualità su scala europea. Questa è la migliore garanzia per il pomodoro San Marzano della Campania».
La preoccupazione delle aziende campane per il crollo dei consumi dei propri prodotti rischia di degenerare in una battaglia di tipo economico tra Nord e il Sud.
Vero è che la terra dei cachi è la terra dei cachi… ma cerchiamo di non dimenticare che l’economia del nostro Paese si basa anche sulle eccellenze dei prodotti alimentari, molti dei quali provenienti proprio da quelle aree.
Non dimentichiamolo, e per gli approvvigionamenti usiamo il buon senso!
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