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26 Maggio 2015Cibo del futuro: la parola d’ordine è cambiamento. È infatti diffusa la consapevolezza che nulla potrà restare uguale a oggi. E sarà la globalizzazione a permeare le future evoluzioni all’insegna di tre macro direttrici: tecnologia, ambiente, condizionamenti socio economici.
È questo lo scenario emerso dall’indagine commissionata da Coop a Doxa e che ha coinvolto i consumatori di 8 Paesi (Italia, Germania, Uk, Usa, India, Brasile Russia e Cina).
L’obiettivo capire in quale direzione si muoveranno scelte, bisogni, esigenze della domanda.
Ma prima di proiettarsi negli anni avvenire, la ricerca scatta un’istantanea sulla realtà odierna. Ed ecco cosa è emerso.
Oggi le differenze sono veramente tante e iniziano fin dalla preparazione del pasto, a cui ci si dedica in media 1,3 ore al giorno, ma con valori nettamente più alti per Paesi come il Brasile, l’India e la Russia. Anche gli italiani non sono da meno e si distaccano in questo dai vicini europei. Situazione simile anche per il take away e i consumi fuori casa che nel Bel paese sono decisamente inferiori ai livelli dei Paesi anglosassoni.
Tra le inclinazioni dei nostri connazionali si registra anche quella verso l’home made e questo attaccamento alla tradizione li accomuna a cinesi e indiani.
A rendere ancora sensibili le peculiarità sono spesso i diversi credo religiosi, tanto che il 21% del campione ammette di venire condizionato dalla religione: ed è qui che il credo vegetariano o vegano affonda le sue radici tanto da professarsi tale il 35% del campione.
Eppure si comincia già fin da ora ad intravedere qualche similitudine tra le diverse culture gastronomiche.
Emergono infatti, anche stili alimentari alternativi e in qualche modo transazionali, come i Foodies (cibo tipico e di qualità), la dieta ipocalorica (10%), il credo salutista (10%), quello vegano (8%) o quello biologico (8%). Non basta: anche la contaminazione di stili comincia ad affermarsi: se è vero che appena il 22% del campione (quindi una minima parte) dichiara di non mangiare mai cibo etnico e quasi un quarto afferma invece di consumarlo spesso. Il 90% di tedeschi e inglesi dichiara infatti di mangiare etnico spesso o qualche volta, i più diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.
Ma cosa ci riserva il futuro?
Beh, in proposito il mondo professa il suo ottimismo: per il 15% del campione la situazione potrebbe decisamente migliorare e il 32% seppur più cauto conferma il dato sul miglioramento, solo il 7% si dichiara inguaribilmente pessimista. Qui però non tutti la vedono allo stesso modo e sorridono al futuro invece i Paesi che godono di una condizione attuale più favorevole e sono economie e società in ascesa: la Cina (84% di giudizi positivi sul futuro) e l'India 74%, decisamente più cauti gli abitanti del vecchio Continente. E su tutti a vedere il bicchiere mezzo vuoto più degli altri sono proprio gli italiani: la quota dei pessimisti assoluti si attesta sul 12% seguita dal 9% di tedeschi e inglesi.
Tutti però (ed è veramente sorprendente come tale consapevolezza accomuni i cittadini di tutto il mondo) si mostrano consapevoli del cambiamento che ci aspetta quando si parla di cibo: solo il 2% afferma che non ci saranno cambiamenti in futuro, per il 46% invece sarà molto diverso, per il 18% radicalmente diverso e per la rimanente parte (un buon 34%) comunque cambierà anche se solo in parte.. Ma che cos'è che renderà diverso il cibo del futuro e quali sono i cambiamenti attesi? Metà del campione chiama in causa le nuove tecnologie il 42% indica nei mutamenti climatici la causa primaria del cambiamento e il 34% affina il tiro individuando come causa l'inquinamento e la disponibilità delle risorse naturali. Il 30% infine non dimentica l'aumento della popolazione e di conseguenza la minore disponibilità di cibo.
Impatto di questi fattori
Ad essere interessata da questi fattori saranno essenzialmente la naturalità del cibo (64%) la sua qualità e sicurezza (62%), la stessa tipologia di alimenti (60%). Proprio l'attesa di tali forti cambiamenti induce specifici timori sulla manipolazione degli alimenti che mangeremo (60%) e sugli effetti indotti dall'inquinamento ambientale (53%). In alcuni Paesi prevalgono al contrario i timori di un innalzamento del costo del cibo (Usa 57% Brasile 61%), un cibo meno democratico e solo per pochi, e del rischio di una futura scarsità alimentare (Brasile 63%). Il 72% del campione mostra infine piena consapevolezza sulla diffusione del cibo ogm.
Il cambiamento piace
I consumatori intervistati non prevedono una riduzione delle quantità consumate (solo in Uk e Germania si pronostica una riduzione nella frequenza di consumo di carne) mentre la dieta sembra spostarsi su una maggiore varietà con maggior ricorso a carboidrati, frutta e verdura.
Il cibo di domani sarà quindi manipolato dalla tecnologia, certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano una inaspettata disponibilità al cambiamento: l’80% degli intervistati non ha preclusione per cibarsi di alghe e il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto.
Ma questa accettazione dell’high tech e delle novità implica una rinuncia alla naturalità? assolutamente no.
Il 42% del campione, infatti, confessa la sua predilezione per i temi della freschezza e della naturalità e si aspetta di trovare tra le corsie piccole serre e allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza. E per il 16% la presenza di un robot come assistente per la spesa non guasterebbe.
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