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18 Settembre 2019

Intelligenza Artificiale, opportunità per le imprese

di Matteo Castelnuovo


Intelligenza Artificiale, opportunità per le imprese

Il tema dell'intelligenza artificiale è destinato ad essere sempre più centrale e avrà effetti dirompenti anche nel nostro settore. Per iniziare a capire meglio la questione dell'intelligenza artificiale, e i cambiamenti epocali che stanno per arrivare, abbiamo incontrato Andrea Pitrone, chief customer success officer di Loop AI Labs Cognitive Computing.

In attesa della seconda edizione di AIXA, l’evento fieristico previsto a Milano dal 4 al 7 novembre, organizzato da Business International (divisione di Fiera Milano MediaGruppo Fiera Milano) e dedicato al mondo dell’AI e di tutte le sue applicazioni nell’universo del business, ci ha spiegato in che modo eccellenze dell’Italia digitale come la sua oggi stiano lavorando per espandere le potenzialità di un ambiente virtuale capace di offrire infinite opportunità.

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(Pubblichiamo solo alcuni estratti, l'intervista completa a cura di Matteo Castelnuovo è  pubblicata su bimag.it)

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Andrea Pitrone, chief customer success officer di Loop AI Labs Cognitive Computing

Pitrone, innanzitutto, cosa significa per voi oggi intelligenza artificiale?
«L’intelligenza artificiale è un insieme di metodi che permettono a un sistema di prendere decisioni, comprendere l’ambiente circostante ed essere in grado di interagire con quest’ultimo. L’AI si suddivide, quindi, in differenti componenti che vanno dal computer vision allo speech to text fino al cognitive computing basato su modelli matematici come il machine learning che a sua volta vede nel deep learning un ulteriore segmento di specializzazione. Loop AI Labs, per esempio, ha come area d’interesse il cognitive computing, ovvero una branca dell’intelligenza artificiale che si prefigge di replicare e modellare su una macchina il processo di apprendimento e ragionamento degli esseri umani».

A che punto siete nello sviluppo della vostra tecnologia?
«Premetto che l’innovazione tecnologica e l’adozione del cognitive computing oggi, per le grandi imprese che vogliono rimanere competitive sul mercato, diventa un must have. Attualmente, possiamo dire che nel momento in cui la grande enterprise vuole confrontarsi con altri competitor, che magari hanno già intrapreso un percorso di trasformazione, grazie alla nostra tecnologia avanzata e non supervisionata avrà la possibilità di ridurre notevolmente l’effort dei dipendenti e le tempistiche necessarie per lo sviluppo dei report cognitivi, riducendo sensibilmente il time to market e l’impegno per la gestione del change confrontato rispetto ad altre piattaforme presenti sul mercato».

Quale sarà l’evoluzione della vostra offerta nei prossimi anni?
«Abbiamo considerato tre principali direttrici sotto questo punto di vista. In primis, vogliamo estendere il set di capacità cognitive a oggi disponibili sul mercato per permettere all’intelligenza artificiale di avvicinarsi sempre di più all’intelligenza umana, arrivando per esempio a interazioni di linguaggio. In secondo luogo, desideriamo poter fornire razionali seguiti a livello decisionale dei robot cognitivi, riuscendo così a spiegare il motivo delle decisioni prese dalle intelligenze artificiali. In fine, il nostro ultimo obiettivo strategico è quello di incrementare ulteriormente le capacità computazionali delle macchine, ovvero la possibilità di ridurre il peso della gestione degli algoritmi, avendo la possibilità di introdurre l’intelligenza artificiale in qualsiasi dispositivo utilizzato dall’uomo al fine di ottenere capacità cognitive diffuse, estese e interconnesse. Il risultato finale vuole essere quello di evolvere in maniera congiunta queste componenti, avendo un’AI presente ovunque non in maniera espressa o esposta, ma sempre attiva in background con un impatto molto pervasivo. In questo modo non si parlerà più di intelligenza artificiale a se stante, ma si percepirà la sua presenza in maniera evoluta sia sul lavoro sia nella vita quotidiana».

Da quello che dice, però, il rischio di avere una sostituzione tra macchina e uomo sul posto di lavoro sembra piuttosto concreto?
«Non è così. L’obiettivo rimane sempre quello di potenziare le capacità dell’uomo e non di sostituirlo. Ciò che vogliamo è abilitare un radicale percorso di cambiamento, che sarà talmente pervasivo da modificare qualsiasi attività professionale in azienda. Lo scopo del nostro lavoro, infatti, è quella di ridurre i task ripetitivi, ottimizzandone le prestazioni e consentendo agli uomini di concentrarsi su attività creative che non potranno essere svolte dalle AI e che daranno soddisfazione alle persone».

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L’intelligenza artificiale deve meritarsi la fiducia di tutti in Europa

Se però l’AI decide e l’uomo crea, come valutate voi la posizione europea che recentemente ha creato il codice etico per l’adozione dell’intelligenza artificiale?
«Sicuramente l’uomo deve essere al centro, ma deve interessarsi di tematiche più importanti. Noi crediamo molto nell’etica dell’AI perché ogni strumento molto potente deve essere gestito e controllato con il massimo dell’attenzione al fine di mantenere la centralità, la dignità e il rispetto dell’essere umano».

In che modo oggi l’intelligenza artificiale può essere utile anche per le aziende?
«Quando ha dato vita a Loop Ai Labs Cognitive Computing, il nostro Ceo e fondatore, Gianmauro Calafiore, ha avuto l’intuizione di creare qualcosa che il mercato ancora non richiedeva e lo ha fatto 10 anni prima che la richiesta iniziasse a manifestarsi. Questo ci ha dato un ottimo vantaggio rispetto al mercato in cui ci muoviamo ora. Per altro, il nostro amministratore delegato iniziò puntando sul secondo livello di questa tecnologia, ovvero quello non supervisionato che per molti ancora oggi rappresenta il futuro. Sfruttando queste caratteristiche, dunque, ciò che un ambiente digitale come questo può offrire alle aziende è direttamente la human capacity. Le imprese sanno che con i nostri prodotti possono ridurre l’effort di sviluppo e manutenzione dei cognitive robot e allo stesso tempo raggiungere rapidamente importanti obiettivi di business, che solitamente sono l’obiettivo principale degli investimenti realizzati in questo senso, come l’aumento di revenue e fatturato, la diminuzione dei costi, l’incremento dell’efficienza operativa. Questo offre un’innovazione che non viene più vista solo come un elemento di marketing, a differenza del passato, ma come un fattore di crescita perché consente di ottenere una maggiore completezza ed efficienza per un servizio erogato, portando una rinnovata soddisfazione dei clienti che vanno ad aumentare la customer base dell’impresa».

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L’intelligenza artificiale non sostituiscel’uomo, ma ne potenzia le capacità

Qual è secondo voi oggi lo stato dell’arte dell’adozione dell’AI in Italia da parte delle aziende?
«Il nostro Paese vanta numerose eccellenze sia a livello accademico, sia a livello aziendale, anche se ancora di piccole dimensioni. In generale, il fatto è che l’elemento abilitante per lo sviluppo di questo mercato a livello globale rimane la concorrenza tra grandi aziende. Realtà che hanno la possibilità di produrre significativi investimenti in questo campo, come quelli realizzati negli ultimi anni da Amazon, Apple, Google e altri. In questo momento storico, se le aziende non iniziano a investire più seriamente su questa tecnologia il rischio è quello di non rimanere al passo con i tempi. E’ chiaro che non tutti hanno la potenza economica dei brand citati sopra, ma bisogna cominciare a interessarsi e scommettere su questi ambienti innovativi. Se invece si guarda alla concorrenza tra stati, si vede come a livello globale convenga investire in intelligent automation per incrementare competitività e Pil, che secondo alcuni studi internazionali avrebbero importanti margini di crescita, pari anche al 20-25% in più, grazie all’utilizzo di questa tecnologia. Sicuramente, però, per raggiungere questi risultati bisognerà puntare sempre di più sui giovani per permettere loro di avere nuove opportunità di lavoro, fornendo a tutti anche gli strumenti e le infrastrutture necessarie per ottenerle. Se è vero, infine, che l’Italia attualmente non è posizionata perfettamente in termini di numero di startup che si occupano di questo intelligenza artificiale, è pur vero che il Governo italiano si sta impegnando molto sul tema sia in termini di investimenti, sia sotto il profilo della stesura del documento del Mise per la strategia italiana relativa all’adozione dell’intelligenza artificiale condivisa anche con l’Unione europea. Un passo importante questo per dimostrare l’interesse nazionale sull’argomento e anche il reale impegno nello sviluppo di una tecnologia che rappresenta il nostro futuro».

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La creatività può essere la chiave smart dell’Italia

Quale sarà il ruolo che l’Italia potrà giocare in questo settore?
«Se da una parte è vero che l’Italia ha un’importante base culturale e filosofica che potrà sfruttare in questo settore, è anche vero che quello italiano è un popolo di creativi e nel campo dell’intelligenza artificiale ci vuole moltissima creatività per capire quale sia la maniera giusta di interpretare i dati da analizzare e i processi di business a essi collegati e che questi possono trasformare e migliorare. Inoltre, per esempio, guardando ai futuri obiettivi del nostro business, l’Italia potrà essere un ottimo banco di prova per poter aiutare le piccole e medie imprese ad avvicinarsi sempre di più a questa tecnologia. Se, infatti, in una prima fase della nostra attività ci siamo rivolti principalmente alle grandi enterprise, ora crediamo sia arrivato il momento di applicare questa tecnologia anche al segmento delle Pmi, che da sempre sono l’anima del business italiano».

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