21 Dicembre 2016
Confermato: è lei, sua signora la grappa, il distillato italiano preferito dagli italiani, con una produzione che si è stabilizzata sugli 80 mila ettanidri, pari al 66% della produzione totale di acquavite. Contrariamente a quanto accade per le acqueviti di vino (di cui da tre anni a questa parte la produzione si è fortemente contratta come, per esempio, nel caso del brandy), quella della grappa ha mantenuto volumi consistenti. In generale, l’andamento del 2015 e i dati relativi ai primi mesi del 2016 fanno ben sperare per una chiusura dell’anno positiva. Nel complesso, il giro d’affari messo in moto dalla Grappa si attesta sui 400 milioni di euro. Gli ultimi dati Ocse parlano di 1,7 litri di bevande alcoliche, diverse da birra e vino, consumate in media ogni anno dai nostri connazionali. Un dato che caratterizza il nostro Paese come quello con il più basso consumo di alcol tra i Paesi industrializzati. Segnali totalmente opposti, invece, arrivano dall’export, con una tendenza degli ultimi anni tutta col segno “+”.È qui, infatti, secondo AssoDistil, che le aziende possono trovare elevati margini di crescita, visto che ad oggi soltanto il 26% dei nostri distillati è venduto all’estero. Nel periodo 2011-2015 le vendite all’estero di Grappa imbottigliata sono cresciute del 7% rispetto al periodo precedente, mentre lo sfuso è aumentato del 4% (rielaborazione AssoDistil su dati Istat). Anche il 2015 sul 2014 ha mostrato un trend di crescita medio del 14%. E pure in ascesa, pare l’avvio del 2016: i dati dei primi sei mesi dell’anno mostrano che la Grappa imbottigliata ha visto incrementare le vendite nell’Unione Europea del 3% rispetto allo stesso periodo nel 2015, registrando scambi per 3.848 ettanidri. Ancora più vivace l’andamento delle esportazioni di Grappa imbottigliata nei Paesi extra-UE, aumentate del 5%. Oltre alla Germania (che assorbe il 60% dell’export in Europa di grappa in bottiglia e l’87% di quella sfusa), alla Svizzera (10%) e all’Austria (5%), si segnalano alcuni nuovi mercati che, nonostante la quota ancora ristretta di vendite, appaiono di grande interesse, poiché si tratta di Paesi grandi produttori e consumatori di bevande alcoliche: Norvegia, Ungheria e Ucraina. Un dato positivo arriva anche dai Paesi non europei, soprattutto nel Sud-Est asiatico.
La grappa, un mercato complesso
Benché i consumi interni siano in calo, la grappa tiene bene. E questo anche grazie ad alcune novità normative che ne hanno migliorato l’immagine e la percezione di prodotto premium destinato alla meditazione.
[caption id="attachment_115130" align="alignleft" width="123"] Cesare Mazzetti[/caption]
Abbiamo chiesto a Cesare Mazzetti, presidente del Comitato nazionale Acquaviti di AssoDistil, di illustrarci l’andamento del mercato e i trend più evidenti sia in Italia che all’estero. “Confermo. La recente normativa rappresenta una conquista non da poco. Finalmente, dallo scorso 1° agosto, grazie al Disciplinare produttivo contenuto nel DM 747 del gennaio 2016, del Ministero delle Politiche Agricole, è stato stabilito che tutte le fasi (taglio, diluizione, refrigerazione ed edulcorazione della grappa) si devono compiere in loco, nel pieno rispetto della scheda tecnica di produzione. Diversamente da quanto accadeva in precedenza, dunque, gli imbottigliatori, si limiteranno esclusivamente a svolgere il loro ruolo di imbottigliatori. In questo modo i produttori non rischieranno di veder “sfigurato” il proprio prodotto.
Può raccontarci il trend dei consumi?
Stiamo assistendo a uno spostamento verso il segmento premium, rappresentato da prodotti barricati e invecchiati, corposi e morbidi, richiesti come grappe da meditazione. Inoltre il fatto che ora, per legge, possano definirsi barricati solo i prodotti che hanno trascorso in barrique almeno metà del tempo di invecchiamento, ha notevolmente alzato gli standard. E i consumi sono stati premiati da una crescita di circa +20% nell’ultimo quinquennio.
L’Italia è il Paese con il più basso consumo di alcol tra i Paesi industrializzati. Perché?
In parte per l’incidenza delle accise – aumentate del 30% tra il 2013 ed il 2015 – in parte per gli aspetti salutistici e l’allarme dei media sul consumo degli spirits, erroneamente collegati al “Binge drinking” e alle morti del sabato sera. Nonostante questo, l’horeca continua a giocare un ruolo importante, anche se i consumi domestici stanno crescendo significativamente. Ad alimentarli non è tanto la Gdo, che ha assortimenti molto limitati, quanto gli specializzati come le pasticcerie e le enoteche.
La grappa è un prodotto di nicchia, come comunicarla ai target più giovani?
Il fatto che la grappa non possa avvalersi di una produzione infinita di materia prima (le vinacce) ma dipenda da quella dell’uva, ne fa un prodotto a quantità limitata. Ecco: io giocherei molto su questa peculiarità, promuovendola come una limited edition del saper fare italiano, di un’eccellenza tutta tricolore. Quanto alla possibilità di renderla più appealing per i giovani, vedo nella mixability una buona opportunità, specialmente con le grappe bianche. Ovviamente l’ideale sarebbe che un bartender studiasse e promuovesse dei cocktail a base di grappa, contribuendo, così, a rafforzarne la brand awareness.
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