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29 Dicembre 2016Il momento del dolce, al ristorante, rappresenta, per molti, il culmine della trasgressione. Se a casa siamo facilmente indotti a rinunciare a questo piccolo peccato, quando siamo a cena fuori siamo certamente più indulgenti con noi stessi e volentieri accettiamo gli appaganti consigli della casa. Le ragioni sono certamente razionali e sono legate sostanzialmente alla ricerca del piacere, ma ciò avviene anche nel rispetto di un atteggiamento istintuale del quale abbiamo perso traccia nella memoria ma che resta indelebile nei nostri comportamenti.
È molto probabile che, ad imitazione degli animali, i primi ominidi fossero spinti a scegliere gli alimenti più dolci sviluppando quel primo contatto tra l’istinto e il funzionamento del corpo. La scelta del dolce, infatti, si riferisce a prodotti gustosi e succulenti con l’inconsapevole finalità di introdurre nell’organismo alimenti di facile trasformazione in energia. All’interno della cellula, infatti, è il glucosio che fornisce energia. Anche grassi e proteine possono essere trasformati in glucosio, ma con un procedimento più dispendioso.
L’INDUSTRIA ALIMENTARE
Nel tempo la disponibilità di cibo è progressivamente cambiata. L’uomo ha imparato a servirsi dei grassi e delle proteine anche di origine animale la cui reperibilità è diventata progressivamente maggiore e più facile. Arrivando ai giorni nostri, di questa istintuale e quasi inevitabile voglia di dolce si è accorta l’industria alimentare che inzeppa di zucchero o di suoi derivati più o meno naturali, gran parte dei cibi, anche quelli insospettabili. Siamo arrivati ad un consumo eccessivo di dolci al punto tale che il diabete è la patologia metabolica più diffusa. L’organizzazione mondiale della sanità ha spinto perché la quota calorica derivante dagli zuccheri semplici sia limitata al 10%quotidiano, ma già si pensa a portare questo valore al 5%.
COME ORIENTARSI
Intanto dovremmo ridurre in generale il consumo di zucchero, non solo nella sua forma base ma anche quello contenuto negli alimenti dolcificati o ad alta densità calorica come dolciumi in generale, succhi e bevande zuccherate, prodotti per la colazione, ecc. Diventa molto importante imparare a leggere le etichette dove le varie componenti sono riportate in ordine quantitativo, ovvero i primi ingredienti indicati sono quelli maggiormente presenti all’interno del prodotto. Scopriremo così che anche cibi insospettabili contengono eccessive quantità di prodotti dolcificanti.
Anche la scelta dello zucchero è importante. Certamente da preferire è quello più naturale possibile, idealmente di canna ma solo se lo compriamo biologico o equo-solidale. Diffidiamo del fruttosio a meno che non siamo atleti e lo utilizziamo durante una competizione sportiva per ricaricare rapidamente le batterie. Una fonte interessante di zuccheri, soprattutto per la produzione di dolci, è rappresentata dai malti, quello d’orzo tra tutti. Qualche cautela nei confronti del miele: è vero che è un prodotto naturale, ma il nostro corpo lo trasforma prevalentemente in fruttosio il che, in caso di consumo eccessivo, non è proprio un bene. Può essere interessante conoscere ed impiegare la stevia, una pianta dalle foglie particolarmente dolci da cui si estrae un prodotto che ha un potere dolcificante circa 200 volte superiore a quello dello zucchero.
Dovremmo imparare ad escludere dalla nostra alimentazione i dolcificanti chimici. È vero che sono privi di contenuto calorico, ma la scienza sta dimostrando che a lungo andare, al di là di una specifica tossicità in alcuni casi, sono probabilmente ancor più pericolosi dello zucchero semplice per ciò che riguarda l’induzione del diabete. (Alberto Fiorito)
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