caffè

21 Settembre 2017

Il caffè unico non basta più: è ora di ampliare la scelta del cliente


Il caffè unico non basta più: è ora di ampliare la scelta del cliente

Lungo tutta la filiera del caffè tira un forte vento di diversificazione e qualità. Anche in Italia. Perché la tradizione è importante, certo. Ma proporre un caffè unico e indifferenziato non basta più al bar che vuole vincere la sfida del nuovo millennio, del cliente giovane, informato e smaliziato, avvezzo a cercare il meglio sui social e desideroso di saperne di più su ciò che mangia, beve, consuma. E disposto a fare due passi in più per provare qualcosa di nuovo, o migliore. Ed è un vento che soffia dalla piantagione al bancone, passando per torrefattori e produttori di macchine e attrezzature.

DIECI, CENTO, MILLE ORIGINI

In prima linea nella proposta di nuove tipologie ci sono le aziende che importano la materia prima dai Paesi produttori. E che sono i primi a cogliere il polso del mercato, globale e volubile come pochi altri. “Qualcosa si sta muovendo in Italia, mercato molto tradizionale, ancorato al prezzo fisso, che tratta il caffè come se fosse tutto uguale - dice Alberto Polojac, proprietario di Imperator –. È necessario riprendere la tradizione aggiungendo le suggestioni che arrivano dall’estero, ma mantenendo il palato italiano. Il consumatore, specie nelle nuove generazioni, è già pronto. E proporre nuove origini e metodi di estrazione per il barista è una grande opportunità di business”. Edy Bieker, Ad di Sandalj Trading Company conferma: “Oltre all’espresso ormai vengono presi in considerazione sistemi di estrazione alternativi. Ci vorrà ancora del tempo, ma ormai la strada è segnata. Per creare curiosità e trasmettere il concetto che il caffè è una bevanda che può avere un valore sensoriale importante, basterebbe proporne due tipi al bar. Così il consumatore sarebbe costretto a scegliere, e aumenterebbe la sua voglia di saperne di più”. “All’estero il caffè di singola piantagione è sempre più comune e il consumatore giovane è interessato alla sua origine, produzione, storie connesse, proprietà organolettiche. Anche se in ritardo, sembra che in Italia il mondo del caffè si stia muovendo nella direzione della qualità” dice Estel Gast, export manager di Le Piantagioni del Caffè.

TORREFATTORI ALLA RISCOSSA

Quando veniamo al torrefattore, che tratta la materia prima e la trasforma in qualcosa di unico, portatore della creatività ma anche della tradizione italiana, l’innovazione non è più scontata. Eppure, a conferma che il vento sta cambiando hanno iniziato a muoversi i “Big”. Luigi Lavazza ad esempio tra le sue proposte per l’Ho.Re.Ca. ha inserito caffè biologici e monorigine. E guarda anche ad altre modalità di estrazione: “Ogni metodo offre un risultato in tazza diverso ed è di stimolo per i produttori nella ricerca sul prodotto. Le forme di estrazione filtro per il punto vendita rappresentano nuove opportunità – spiega Michele Cannone, Head of Food Service Marketing dell’azienda –. Una delle ultime tendenze è l’infusione a freddo dove più si aspetta e più il caffè diventa buono, profumato e aromatico”. “Le nuove tendenze di estrazione fanno riscoprire al consumatore aromi e profumi del caffè finora sconosciuti o percepibili in modo diverso rispetto all’espresso – dicono da Hausbrandt Trieste 1892 –: il prodotto che ne deriva è una bevanda accattivante che integra l’offerta del punto vendita e offre alternative di consumo nuove. L’implementazione dell’offerta richiede uno sforzo da parte del barista, dall’acquisto delle attrezzature alla formazione, che se affrontato nel modo corretto può portare a notevoli risultati”. E non sono solo i Big a muoversi. “Andiamo alla ricerca della nicchie che hanno voglia di assaggiare un espresso straordinario – afferma Paolo Uberti, titolare di Trismoka –. All’estero si percepisce per il mondo delle torrefazioni italiane un abbassamento della qualità. Purtroppo, nel mondo del caffè non esiste nessun disciplinare del genere delle Dop e delle Doc. Per questo è importantissima la comunicazione, e bisogna iniziare a pensare in una logica di prezzo differenziato tra miscela e monorigine”.

MACCHINE NEL NOME DELLA VERSATILITÀ

La differenziazione implica l’uso di macchine versatili, in grado di adattare i parametri ai vari tipi di caffè, e attrezzature supplementari, come macinini on demand o sistemi per le varie estrazioni. “I clienti apprezzano ogni giorno di più caratteristiche dell’espresso che prima potevano solo intuire – dice Simona Sordelli, Head of Marketing & Communication di Rancilio Group –. Per soddisfarli, una nuova generazione di baristi ha cominciato a controllare tutte le fasi di creazione di un espresso, dalla selezione di miscele di qualità (alcune tostate direttamente), alla tecnica di realizzazione, al controllo dei vari processi di erogazione”. L’offerta di qualità richiede alcune caratteristiche che si rivelano utili anche a contenere i costi fissi. “I gruppi indipendenti settati per diverse tipologie di caffè sono estremamente utili quando si propone un’offerta premium. Ma va anche considerato il risparmio energetico che si ottiene mettendo in standby i gruppi che al momento non vengono utilizzati, adattando la macchina ai flussi dei clienti e ai vari momenti della giornata nei grandi bar ma anche ai volumi decisamente più contenuti di un ristorante” spiega Simona Colombo, Group Marketing and Communication Director Gruppo Cimbali. Le macchine più avanzate pesano il prodotto in entrata e uscita e gestiscono in modo personalizzato temperature e pressione. “Stiamo lavorando per migliorare il controllo della temperatura e variare la pressione suddividendola in cinque fasi – spiega Aldo Brutti presidente e Ad di Bfc-Cbc Royal First – . La possibilità di diversificare le temperature significa che, una volta stabiliti i parametri, l’operatore è in grado di estrarre il meglio e ottenere il massimo da ogni caffè. Il barista? Oggi è un professionista, che propone un prodotto speciale”. Gettonatissimi all’estero ci sono i prodotti a base di latte. Dice Herman Polderman, Category & Business Development Manager Lattiz Europe: “Per incontrare la domanda di questo mercato in crescita, dato che non tutti sono baristi qualificati, abbiamo sviluppato macchine che garantiscono una qualità costante della schiuma di latte”. Un capitolo a sé riguarda i macinacaffè, in prima linea in questo nuovo corso perché ogni estrazione richiede la sua macinatura. Ne esistono ad hoc per lo specialty. “La tecnologia all’avanguardia? Display LCD digitale con registrazione fino a 20 settaggi, sistema di ventilazione e basso numero di giri per mantenere il caffè più fresco preservandone gli aromi in tazza, sistema digitale di calibrazione delle macine che permette una macinatura ripetibile e accurata anche grazie a una regolazione che arriva al micron. Ritenzione inferiore a 0,45 g per non perdere caffè e non mescolare origini diverse nella camera di macinatura. E il parallelismo delle macine” dice Cristina Scarpa, Marketing Manager di Mazzer Luigi. “Il ritorno dell’attenzione sulla qualità ha rivitalizzato il caffè filtro, e le attrezzature sono evolute per incontrare i nuovi standard di qualità dei caffè Specialty in tazza singola – dice Drewry Pearson, Ceo dell’irlandese Marco Beverage Systems –. Ma che si tratti di estrazioni manuali o automatiche in tazza singola o anche in capsula l’obiettivo è: fresco e con gusto”. Non c’è dubbio che la rivoluzione del caffè sia in atto. E per chi rimane ancorato a vecchie logiche, il futuro è, quanto meno, denso di incognite.

ASPETTANDO L’“EFFETTO STARBUCKS”

Da commodity un po’ appannata e a rischio estinzione a prodotto se non di lusso, di tendenza. È questa l’evoluzione che ha avuto il caffè negli States. Complice l’”effetto Starbucks” codificato dalla Harvard Business School, che nel 2000 scriveva: “Quando un’azienda aumenta il valore percepito di un prodotto innovando il prodotto in sé o il modo in cui è presentato, l’intera categoria può raccogliere prezzi e profitti più alti”. E nel 2018 è in arrivo la Starbucks Reserve Roastery – caffetteria di alta gamma con torrefazione interna – a Milano. Tra le conseguenze una maggiore attenzione alla qualità e alle nuove strazioni, e probabilmente un aumento dei prezzi. Opportunità o pericolo? Dipende tutto da come reagirà il tradizionale – ma un po’ appannato – bar italiano.

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