caffè
21 Settembre 2017rodottiAbbiamo chiesto ad Andrej Godina, consulente PhD Science, Technology and Economy in the Coffee Industry, di spiegarci qualcosa in più sul mondo della certificazione del caffè.
Quali sono le principali modalità di certificazione del caffè verde all’origine?
Ci tengo a specificare che le certificazioni del caffè verde non garantiscono la qualità in tazza, ma stabiliscono se il caffè è sostenibile e, in alcuni casi salubre, nel contesto del processo di coltivazione. Quindi un prodotto, benché certificato, può essere difettato all’assaggio. Le certificazioni sono rilasciate da società o enti privati abilitati. Una seconda strada è quella della due diligence aziendale che si concretizza in un autocertificazione da parte del torrefattore. Vanno in questo senso illy e Starbucks che preferiscono controllare il processo internamente.
Quali i pro e i contro delle due pratiche?
Le certificazioni esterne hanno un costo che, nel caso dell’autocertificazione, è meno impegnativo: un risparmio che spesso viene girato a vantaggio del coltivatore. Certo è che un ente terzo rappresenta una dinamica super partes. In entrambi i casi è un processo che si ripercuote sul prezzo de caffè. E comunque per molti coltivatori aderire a una certificazione, oltre a migliori condizioni di lavoro, può significare un nuovo sbocco importante per i propri prodotti.
In quale misura incide il costo?
Biologico +0,6 USD al kg, Fairtrade +0,4 al kg, Biologico- Fairtrade 1 USD al kg, Rainforest alliance +0,4 al kg e poco meno il 4c. Sui grandi numeri è un’incidenza di non poco conto.
Quanto pesa la produzione certificata sul totale commercializzato?
Nel complesso si stima che il caffè verde certificato rappresenti il 40% di quello prodotto.
Andrej Godina insieme ai coltivatori della piantagione Cocafcal Cooperativa Cafetalera Capucas Limitada in Honduras
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